Ore sette e un quarto di una qualunque mattina. Regina, parcheggiata davanti a casa, svetta come un monumento nell’anonimia delle scatole di metallo a quattro ruote di produzione anni 2000. È alta, furiosa, rugginosa nella cornice del lunotto posteriore. Trasuda con orgoglio qualche gocciolina oleosa all’asfalto sottostante come se ancora ansasse dalla galoppata del giorno prima. Inserisco la chiave – la prima delle due – nella serratura della porta che funziona e non funziona, impreco e salgo e accarezzo il cruscotto. C’è un odore di plastica e vinile ma è un aroma accogliente, non fastidioso, di quelli che connotano fortemente un ambiente, come il profumo della casa dei nostri nonni. La chiave numero due serve a avviare il motore ma si deve sapere come inserirla e come girarla, sennò si rischia di star lì un quarto d’ora. Il ta-ta-ta del cuore a gasolio riempie lo spirito di qualunque giornata, fredda o calda, e io lo lascio andare per trenta secondi un minuto giusto perché Regina prenda coscienza del risveglio del mondo. E poi si va, lenti eh, con la fila d’auto impazienti e impotenti dietro, e io che non supero i 1500 giri per i primi cinque chilometri almeno. La Range Rover Classic, Regina per l’appunto, è il mio mezzo di tutti i giorni. Su di lei vado al lavoro, in palestra, a bere l’aperitivo e anche in vacanza come testimoniano le mie 24 ore in Albania e questo piccolo disastro in Puglia.
“Non avrai altra Range Rover all’infuori di me” sembra dirmi quando le candelette di avviamento si spengono e io posso tornare a far cantare il suo quattro cilindri che più che per le strade sembrerebbe progettato per i campi, per i sentieri, per le praterie.
La Range Rover prima serie, la “Classic”, è rimasta in produzione dal 1970 al 1996: un modello estremamente longevo, il primo suv di lusso come lo definiscono in tanti, una paternità sapientemente assegnata dagli esperti di auto e di 4×4. In primo luogo, però, la Classic è un fuoristrada vero, solo un po’ più comodo del Defender (quello prodotto fino al 2016) sicché, se un altro folle oltre a me pensasse di utilizzarla tutti i giorni, saprebbe di poter viaggiare in perfetta comodità e non appiccicato alla portiera.
Dovresti leggere anche la storia di questa Range Rover di proprietà di uno dei (tre) creatori del modello che, prima di destinarla a auto di famiglia, la testò in alcune dure competizioni.
La Range Rover Classic è stata prodotta in versione a tre e cinque porte. La prima con il motore 3.5 V8 a benzina è la più ricercata e la più valutata sul mercato dei fuoristrada d’epoca. Altre evoluzioni motoristiche comprendono i V8 a benzina 3.9 e 4.2 e i quattro cilindri a gasolio di fabbricazione VM e Rover. I secondi, per esperienza personale e opinione diffusa tra gli esperti, sono decisamente i più affidabili.
Dal 1996, quando l’ultima Classic attraversò le linee di collaudo dello stabilimento di Solihull, l’evoluzione delle serie successive si è manifestata prepotentemente quanto a estetica, tecnologia, motorizzazioni. Nessuno però mi convincerà mai che un modello successivo sia più bello e affascinante della prima Range Rover che – scusate se è poco – venne anche esposta al Louvre di Parigi come esempio di design eccellente.
Oscar Wilde diceva che “Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza”. Io le altre Range Rover mi limito a guardarle e, pur apprezzandole, credo proprio che vedere Regina tutti i giorni aggiunga infinita qualità alla mia vita.
Pier Francesco Verlato
Photo Credits: Land Rover Italia, Brooklyn Coach Works, Instagram
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