Roberto Parodi: i viaggi, i progetti e le moto più belle (intervista)

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Intervista di Pier Francesco Verlato

Roberto Parodi è uno scrittore, un giornalista, un personaggio televisivo. Prima di tutto, però, è un motociclista e un appassionato di modelli iconici “raffreddati ad aria e coi carburatori”. L’avevamo conosciuto a Verona con Ted Simon e, da allora, ci siamo visti tante altre volte. La nostra intervista ci svela un personaggio eclettico, apprezzato tanto dal popolo delle cafe racer perché ottimo conoscitore della motorcycle culture, quanto dai viaggiatori overland che non pagherebbero due lire per una Thruxton, ma non venderebbero mai le loro Ténéré e Africa Twin degli anni ’80.

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Roberto Parodi con Francesco Veneziani, amico e compagno di viaggi overland 

Ti conosciamo come motociclista viaggiatore, ma anche come scrittore e presentatore televisivo. È più forte la passione per le moto, per i viaggi o per la scrittura?

Le passioni sono difficili da quantificare, infatti cerco di mantenerle tutte: viaggiare, farlo in moto, e scrivendoci su. Quindi ho forse trovato la quadra perfetta no? I viaggi e la moto sono due passioni che ho da quando ero piccolo, come racconto ne’ “Il cuore a due cilindri”. Ho infatti iniziato con un vecchio motorino 50cc di mia mamma, chiamato il MotoCesso, e da cui in un modo o nell’altro ho iniziato ad amare le moto. I viaggi sono un amore che mi hanno regalato i miei genitori, che mi hanno portato in giro facendomi conoscere il mondo. E la passione per la parola scritta viene dalle letture: ho sempre letto molto, classici, avventure, romanzi e molti saggi storici. Da lì, con la voglia di esprimere il mio pensiero (fondamentale per uno scrittore) e di raccontare storie, è nata la passione dello scrivere.

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Nasci come scrittore di romanzi per poi passare ai saggi. Qual è il libro che consiglieresti a chi approccia il Parodi scrittore per la prima volta?

Come romanzo, “Controsole”, e come saggio “Il cuore a due cilindri”.

E quale il libro che ti ha richiesto il maggiore impegno?

“Chiedi alla strada”, il terzo romanzo della trilogia di Scheggia, è stato quello più travagliato. Molte cose sono cambiate da quando l’ho iniziato e l’ho consegnato alle stampe quasi due anni dopo. Di solito ci metto meno di sei mesi. Tra l’altro è quello che termina la trilogia, quindi il più impegnativo.

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Qual è il viaggio che consiglieresti a chi vuole avventurarsi per la prima volta fuori dall’Europa?

Se si tratta di uno sbarbato non troppo esperto, suggerirei una Tunisia o un Marocco, ma anche un bel giro tra Croazia, Montenegro e Albania che è già una bella esperienza. Se uno invece ha già un po’ di esperienza, un viaggio overland da Milano a Dakar, con rientro in aereo e moto in container via nave. Tutto spiegato nel mio libro “Manuale di viaggio per motociclisti overland”.

Con quale moto?

Con la propria moto, quella che si conosce meglio. Non esiste la “moto migliore”, esiste solo la moto con la quale ci si sente meglio. E direi che la propria moto sia la migliore. In termini oggettivi, io comunque suggerisco una moto anni 80/90, a carburatore, semplice e riparabile facilmente anche da un bush mechanic in Africa o in luoghi complicati. Lascerei a casa le mega-motone ipermoderne e tutte elettroniche. Una panne elettronica con una moto così, è fatale.

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Qual è il media che preferisci per rivolgerti al tuo pubblico? La carta stampata, internet o la televisione?

Io sono me stesso nei libri, ma i libri sono anche i media dove il messaggio arriva più lentamente (anche se poi resta fortemente). La televisione è molto divertente ma vola via e passa e va: sono “parole scritte sul vetro” come dicono i professionisti. Ora ci sono anche i social, ovviamente, e in qual campo io sono forse un po’ troppo energico, e spesso manco della dovuta calma e riflessione, ma è il bello dei social no? Essere un po’ provocatore, e in fondo io un po’ lo sono davvero.

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Ti vediamo spesso in moto insieme ai tuoi figli, magari alle prese con strade bianche e argini. Raccontaci una di queste giornate.

Ci vado con Vittorio, e sono giornate classiche con uscite in sterrato e grandi mangiate a mezzogiorno. E’ bellissimo svegliarsi presto e raggiungere gli amici che ci aspettano per partire. Arrivare con Vittorio mi rende sempre molto orgoglioso, sono l’unico ad avere un figlio che va in moto, e che tra l’altro guida una Honda XL 600 dell’89…

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Roberto Parodi è un ingegnere, uno scrittore, un rocker e soprattutto un motociclista. Da personaggio eclettico e super partes, qual è la tua lettura della nuova ondata delle moto custom e cafe racer? 

E’ già in calo. Personalmente ci sono passato prima con la mia Harley che possiedo dagli anni ’90, e che ho stra customizzato ovviamente. Ultimamente con una BMW R100/7, che ho scramblerizzato con pezzi che mi sono stati regalati da amici e che ho chiamato “la moto dell’amicizia”. Ma dopo tre anni, l’ho venduta. Odio dirlo, ma forse i “precisetti” fanatici dell’originale, un po’ di ragione ce l’hanno. Io non sono ancora a quel livello, ma amo talmente le moto d’epoca (e intendo quelle anni 70, 80, non prima), che inizio a soffrire quando vedo telai tagliati e serbatoi modificati. Amo anch’io customizzare un pochino ma spesso è solo un cambio di colore, la sella, il manubrio e qualche particolare, nel grande rispetto del classico e sempre con la possibilità di ritornare indietro all’originale. Non sono un grande amante delle trasformazioni radicali infatti sono sempre in difficoltà quando mi invitano a fare il giudice a contest di moto cafe racer o scrambler. Dopo i primi anni, in cui accettavo, ora non lo faccio più. Mi sembra più onesto astenermi dall’esprimere un parere sul lavoro di grandi professionisti che campano con le loro competenze e che non mi sento all’altezza di giudicare.

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In quali progetti ti vedremo impegnato nei prossimi tempi?

La prima settimana di dicembre parte la sesta serie di BornToRide il mio programma di viaggi su Italia2 (Mediaset canale 35, in chiaro), che mi impegnerà fino a gennaio febbraio. In onda vedrete due grandi viaggi: uno in Africa e un Milano – San Pietroburgo – Mosca – Milano, fatto con il Maestri e il Veneziani, i miei amici di sempre. Ma sto già progettando la prossima serie con viaggi pazzeschi e sempre più difficili..
E poi mi sono comprato uno scooterone T-Max e lo sto customizzando per mettergli il tettuccio e le borsone laterali…. Ci credete?

Direi proprio di no. Grazie Roberto e… buona strada!

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– intervista di Pier Francesco Verlato, foto di Roberto Parodi –

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