Una breve storia della Sportster

Harley-Davidson creò la Sportster a seguito della perdita di quote di mercato causata dalla British invasion, vale a dire dalle veloci e agili motociclette inglesi importate negli Stati Uniti negli anni ’50, quando il governo britannico aveva imposto alle aziende private il modello economico “esporta o muori” al fine di ripagare i debiti di guerra. Norton, Triumph e BSA dell’epoca erano dotate di motori di 500 cc che arrivavano fino a 650 cc. Il nuovo sport nazionale? Correre da un cafe all’altro a 100 miglia all’ora (circa 160 km orari) per festeggiare l’ennesima fuga dalla polizia, nonostante i tentativi di responsabilizzazione dei racers da parte del 59 club.

A volte è necessaria una presa di consapevolezza e, sebbene Harley-Davidson fosse preoccupata per la perdita di vendite a favore della concorrenza d’oltreoceano, mancava qualcosa che la convincesse a agire. Il film Il Selvaggio con Marlon Brando fu uno shock perché il protagonista non guidava un’Harley-Davidson, bensì una Triumph. Bisognava dunque darsi da fare imparando le regole del gioco e battendo la concorrenza d’importazione grazie a una strategia precisa. La Sportster era l’Harley-Davidson più piccola, leggera e maneggevole ma, ironia della sorte o pigrizia atavica del management, fu necessario attendere fino al 1977 perché gli Americani si convincessero a realizzare una vera cafe racer.

La Sportster fu lanciata sul mercato nel 1957 ma l’idea di una moto leggera risale al 1952 con il Modello K, un prototipo in grado di raggiungere la velocità di 100 miglia all’ora. Era proprio la soluzione che i manager Harley-Davidson cercavano ma, come abbiamo già ricordato, Il Selvaggio sparigliò le carte sul tavolo solo un anno più tardi, nel 1953. La moto guidata da Marlon Brando era una Triumph 6T Thunderbird con un motore da 650 cc in grado di erogare 34 CV a 6300 giri/min: si trattava di un bicilindrico parallelo sostenuto da un telaio leggero e da un sistema di sospensioni piuttosto avanzato per l’epoca.

L’XL Sportster, introdotta nel 1957, presentava specifiche tecniche del tutto simili alle moto inglesi ma un motore di cubatura maggiore. Era infatti dotata di sospensioni posteriori a doppio ammortizzatore, del caratteristico serbatoio  a forma di arachide, del motore Ironhead con due cilindri a V e di un look che urlava “fate attenzione Inglesi: arrivano gli Americani!”. Era, a tutti gli effetti, la moto che Marlon Brando avrebbe dovuto guidare.

La Sportster ha continuato a evolvere e a migliorarsi nel corso dei suoi sessantasei anni di produzione. Nel 1957 il motore era imbullonato direttamente al telaio, proprio per rendere la moto più leggera e migliorarne la maneggevolezza, anche se al prezzo di trasmettere le vibrazioni direttamente al pilota. L’XLCH del 1958, con la sua sella singola e al doppia marmitta, divenne presto la moto da battere alle corse. Prodotta dal 1972 al 1985, l’XR750 fu il mezzo acrobatico di Evel Knievel. Evel e il flat track resero la Sportster una star e i giovani la desideravano per entrare anche loro a fare parte dello stardom.

L’unico errore commesso da Harley-Davidson fu l’XLH883 Hugger con la sua sella bassa uno stile che comunicava “sto imparando a andare in moto”. Era una moto che Harley-Davidson aveva pensato per il sesso femminile ma l’effetto fu quello di etichettare tutte le “leggere” come le “Harley-Davidson da donna”. Sappiamo che non c’è nulla di più lontano dal vero ma i mercati dei beni non-necessari (leggi: beni di lusso) vivono soprattutto di gossip e percezione. Con una deviazione tanto importante dall’immagine alla Evel Knievel che Harley-Davidson aveva costruito per la Sportster, era necessario porre in atto una seria strategia di pubbliche relazioni. Il resto è storia passata, presente e futura.

– Redazione Rust and Glory

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