Barry Sheene: leggenda inglese del motociclismo, uomo dalle sette vite

«La tua vita, se stai andando veloce da giocartela»

– Barry Sheene al cronista della BBC che gli chiese che cosa gli passasse per la testa durante un incidente.

Le due vittorie al Mondiale del ’76 3 del ’77, Classe 500cc, i 23 Gran Premi sul gradino più alto, i 52 sul podio non sono sufficienti a descrivere il pilota, l’uomo, il campione Barry Sheene. Qual è l’ingrediente segreto che lo rende indimenticabile agli occhi di chi c’era allora e che stimola grande curiosità tra chi è venuto dopo? Probabilmente, l’assenza di paura nonostante un corpo ripetutamente martoriato da numerosi e spettacolari incidenti ma dotato di una resilienza eccezionale; la sagacia britannica che più-non-si-può; la passione per le donne e per il vino (e per il gin e il whiskey); la dipendenza, così umana, dalle sigarette, tanto che il casco AGV portava un buchino che gli consentiva di fumare sulla linea di partenza fino a che la bandiera a scacchi si fosse abbassata, con la fidanzata modella-ombrellina pronta a rimuovere la cicca dal Go subito dopo il passaggio del pack. Insomma, Barry Sheene impersonificava l’antico detto: «Tutte le donne lo desiderano, tutti gli uomini desiderano essere lui».


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La carriera di Barry si ricorda anche perdue gravi incidenti che faranno per sempre parte della storia dell motociclismo. Il primo si verificò nel 1975 alla Daytona 200, quando il blocco improvviso della ruota posteriore a 270 km all’ora lo scaraventò per terra. È un miracolo che sia sopravvissuto con una gamba sinistra in frantumi, un femore rotto, sei costole, un polso e la clavicola. Quando Barry si svegliò in ospedale la prima cosa che chiese all’infermiera fu una sigaretta. L’altro avvenne nel 1982: il due volte campione del mondo si schiantò (sempre a 270) a Silverstone durante le prove per il Gran Premio di Gran Bretagna. Barry in seguito ha ricordato: «Non è stata colpa mia; dopo lo scollinamento mi sono trovato davanti un ostacolo». Temevano che non avrebbe mai più camminato, figuriamoci tornare in pista. Le sue gambe furono paragonate a “uova strapazzate”, e i chirurghi lavorarono otto ore per rimetterle insieme, con l’aiuto di due pali in acciaio inossidabile, due piastre in acciaio e quasi 30 viti in titanio. Dopo che a Barry fu detto che avrebbe potuto piegare le ginocchia in tre mesi, lo fece in due settimane e mezzo e tornò a correre l’anno successivo. Alcuni iniziarono a chiamarlo “Bionic Barry”.

Il padre di Barry, Frank Sheene, era a sua volta un motociclista piuttosto competitivo e un bravo meccanico. Il giovane e impavido Barry partecipò alla sua prima gara competitiva all’età di 17 anni a Brands Hatch. Fu in quell’occasione che fece il suo primo incidente. Barry vinse il fine settimana successivo.

«Non aspettare che la nave giunga nel porto. Buttati in acqua, comincia a nuotare e salici sopra»

– Barry Sheen quando, nel 2002, gli venne diagnosticato il cancro del quale morì un anno più tardi.

Barry Sheene era un buon amico di James Hunt, a sua volta leggenda della Formula 1. Nelle due settimane che precedettero la famosa battaglia di Hunt con Niki Lauda per il campionato di Formula 1 del 1976, Hunt e Sheene fecero baldoria senza darsi tregua. Allora, la garçonniere preferita di Hunt era il Tokyo Hilton, che lui e Barry Sheene, allora campione del mondo di motociclismo, avevano reso il quartier generale dei loro festini. Ogni mattina, le hostess di British Airways arrivavano all’hotel per una sosta di 24 ore. Hunt flirtava con loro già al check-in e le invitava nella sua suite per “bere qualcosa” – rispondevano sempre di sì. Si dice che James Hunt abbia sedotto 33 hostess nelle due settimane precedenti la gara. Ma, come ha ricordato Stirling Moss, a cui piaceva fare baldoria con Hunt a Monte Carlo prima del Gran Premio: «Se avessi assomigliato a James Hunt, non credo che sarei stato in grado di fare diversamente.»

 

Inspiration: The Selvedge Yard.

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