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Enduro Republic School. L’Università dell’Enduro

3 novembre 2019 by Rust and Glory Leave a Comment

Vado in moto da sempre, ho percorso decine di migliaia di chilometri in ogni dove, dalla Scozia al Portogallo, ai Balcani, alla Sardegna. Quasi tutti su strada. Nessuno mi ha insegnato niente, i miei genitori non mi volevano in moto. La prima volta che provai a cambiare le marce fu a Lignano Sabbiadoro, a quattordici anni appena compiuti. Noleggiavano i cinquantini. Presi un’Aprilia Red Rose per mezz’ora, dodicimila lire, sapevo solo la teoria. Il noleggiatore mi guardava. Io ingranai la prima, lasciai piano la frizione, partii. Per miracolo ingranai la seconda e svoltai l’angolo, libero di sbagliare lontano dagli occhi di chi mi stava giudicando. Ma non sbagliai: snocciolai la terza, e la quarta. E poi la scalata prima dello stop. Mi sentivo come se fossi nato per stare in moto e passai la mezz’ora più bella della mia vita fino a quel momento.

Poi successe di tutto: arrivò uno scooter perché a metà degli anni ’90 andavano di moda quelli, lo elaborai come se avessi dovuto correrci la Moto GP, caddi tante volte in strada, per fortuna senza conseguenze. Poi le Vespe d’epoca, la BMW R1100 GS a 24 anni “per girare il mondo” (subito dopo andai a lavorare troppe ore in Fiat e il sogno venne accantonato) e infine le mie amate mono e bicilindriche anni ’80. Eppure, il terreno di gioco restava sempre l’asfalto, tuttalpiù qualche strada bianca. Alcuni amici tra KTM, TT e XR uscivano a “fare enduro” ma io stavo a guardare, sospeso nell’ammirazione di chi non vuole mettersi alla prova nonostante un piccolo, recondito desiderio di inforcare la moto a parafango alto, una sensazione pulsante tra lo stomaco e il “cervello reptiliano”, quello che non puoi controllare.

Negli ultimi anni, grazie al mio amico Simone, professore d’Italiano, Latino e Impennate al liceo (è in grado di atterrare nel parcheggio della scuola con la sua XL600 PD dopo 300 metri su una ruota sola, tra le ovazioni delle classi), sono uscito qualche volta tra mulattiere, pietraie e fettucciati abbandonati, ma dovevo essere regolarmente aspettato dal mio gentile accompagnatore e terminavo la giornata tra dolori e stanchezza. Mi sentivo come uno studente bastonato, di quelli che prendono 6 a calci nel sedere dopo l’interrogazione a fine anno. Il mio “prof. di enduro” mi trattava bene, aveva pazienza, ma mi mancava qualcosa. Con la maggiore età raggiunta ormai da un bel pezzo, dovevo per forza andare all’università.

E così, il primo novembre 2019, all’età di 39 anni ma-non-è-mai-troppo-tardi-per-imparare mi sono per la prima volta avvicinato all’enduro “tecnico”, presentandomi a Grazzano Visconti, sede di Enduro Republic, alle 8.30 del mattino accompagnato da mia moglie Alessandra. In occasione di Seconda Piena, avevo già visitato la Repubblica – come la definiscono i suoi ospiti abituali – bazzicando tra caffè e birrette con piloti dakariani e campioni da copertina, ma non avevo mai preso parte a un corso. Forte della mia ignoranza e della voglia di apprendere i basics e non solo della guida in fuoristrada, ho approcciato Alessandro Tramelli (leggi sotto il suo cv perché è impressionante), istruttore di Enduro Republic School. Perdona la frase fatta ma Alessandro è semplicemente… un grande: una persona calma e gentile che ti mette a tuo agio, che ti spiega la teoria e ti consiglia sul campo, che sorride e ti dice che è “normale” avere fatto una cosa che tu pensi sia una cazzata, ma che invece andava fatta così. E poi ti dice che però, esercitandoti, potresti fare anche in maniera diversa, ma ugualmente valida. Il mio timore era quello di sfigurare in un ambiente di enduristi di alto livello, e invece mi sono subito sentito parte integrante tra nuovi amici e glorie dello sport come Lorenzo Napodano, patron e fondatore, come Andrea Brugnoni e Max Brun, soci dell’iniziativa, come gli aficionados Umberto e Vittorio.

Perdona la divagazione: chiudo la parentesi sentimentale e riprendo la narrazione della giornata. Alessandro porta fuori le nostre moto, un paio di nuovissime Husqvarna 250 e 300 cc. La mia è la più piccola, che scoprirò essere più che sufficiente per una galoppata tra i boschi del piacentino. Due dritte iniziali, “in fuoristrada si guida in piedi” e “sporgiti in avanti”, e siamo pronti per partire. Abituato alla mia paciosa XL500 dell’82, l’Husky mi appare rigida e nervosa. Faccio spegnere il motore un paio di volte in partenza ma a differenza dell’XL, grazie a Dio, non devo pedalare per farla ripartire. Dopo un breve tratto su asfalto, Alessandro testa me e la posizione in moto su un paio di facili strade bianche. Tutto bene mi dice, e io già mi sento rincuorato di non essere una mezza calza totale. Prendiamo qualche sentiero un po’ più impegnativo ma ancora fattibile, senza avvallamenti causati dai trattori ma con la possibilità di mettere in pratica un po’ di navigazione sulle sponde in seconda e terza marcia.

Poi la svolta: prima di una breve discesa, Alessandro mi dice “In fondo c’è una curva secca a sinistra a cui segue una salita. Prendila morbida e accelera regolarmente, senza strappi”. Seguo le istruzioni alla lettera e all’improvviso mi ritrovo catapultato nel mondo dell’enduro, quello vero, quello delle salite che sono salite, delle discese in-prima-marcia-e-casomai-un-po’-di-frizione, dei terreni fangosi e delle pietre che se non stai attento comandano loro lo sterzo, e non tu. È bellissimo. Per la prima volta mi sento perfettamente a mio agio su una moto fuoristrada, su un terreno accidentato. Non sono in ansia, non ho paura di cadere, ché poi anche se cado chissenefrega. Penso solo che mi sto divertendo un mondo. Alessandro ogni tanto guarda indietro, poi mi aspetta, mi dice che sto migliorando. E ogni volta che lo dice, mi porta su un tratto ancora più impegnativo. A un certo punto, mi ritrovo su un sentiero stretto, con delle cunette che sembrano studiate più per le bmx che per le moto, ma che invece sono increspature naturali del terreno. Le affronto senza appoggiare i piedi per terra tra prima, seconda e terza marcia, e poi il peso tutt’avanti per la discesa che è stretta anche quella, ma una volta fatta penso che non fosse poi tanto difficile.

Il ritorno è su tratti sterrati piuttosto veloci: 80, 90 all’ora. Non ho mai corso tanto fuori dall’asfalto e la mia immaginazione mi porta su un altopiano della Mauritania durante un rally africano: Alessandro è il mio compagno di squadra e sta facendo lui il ritmo della tappa. Ancora un paio d’ore e arriveremo, e a quel punto ci rinfrancheremo con una zuppa di lenticchie e couscous prima di metterci al lavoro sulla messa a punto delle moto. Ma il sogno termina troppo presto perché di lì a poco siamo di ritorno a Grazzano: nessun camion di supporto, nessun bambino che ci guarda da bordo pista ma una magnifica struttura con tanto di spogliatoi, officina meccanica, zona lavaggio pronta ad accogliere noi e le Husqvarna. Alessandro e io ci promettiamo di restare in contatto, di scambiarci le foto, di bere presto una birra insieme, e torniamo ai nostri doveri: lui a accompagnare una coppia padre-figlio sulle ultime BMW R1250 GS, io a scrivere quest’articolo.

E anche se all’Università dell’Enduro ci sono andato per un giorno solo, sarò felice di tornare per qualche “seminario di approfondimento” e per recensire gli eventi dedicati al mondo delle moto fuoristrada che lì hanno luogo regolarmente. E, ça va sans dire, per bere una birra con il mio straordinario istruttore.

Pier Francesco Verlato

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ENDURO REPUBLIC SCHOOL – ALESSANDRO TRAMELLI

Classe 1963. Un nome che non necessita di presentazioni. Ha iniziato con il training quando questo termine ancora non esisteva. Si parla del 1991. Una vita dedicata alle corse, 7 titoli mondiali Enduro come team manager di cui 5 con il leggendario Mika Ahola e una sequenza infinita di vittorie personali che renderebbero questa presentazione un’enciclopedia, tra cui, 5 vittorie come Campione Italiano di Enduro e Rally e la Medaglia d’oro alla SixDays nel 1986.

Un calendario molto articolato lo vede impegnato nel training quasi ogni settimana dell’anno, con l’obiettivo di creare un appuntamento fisso di allenamento per tutti: dai piloti ufficiali impegnati nel campionati nazionali e internazionali fino ai giovanissimi; dall’amatore che si è da poco avvicinato all’enduro e ne vuole scoprire il fascino e la tecnica fino ad arrivare alle vecchie glorie, di età indefinite, che non mollano mai; dall’appassionato esperto e navigato che vuole passare all’enduro estremo fino al gruppo di amici che vuole trascorrere insieme una bella giornata di enduro con una rinfrescata di tecnica. Con grande successo ha anche organizzato corsi specifici con altri campioni internazionali, ad esempio il mito Paul Edmonson, per ottenere il meglio dell’esperienza nell’allenamento. Il risultato è ineguagliabile: Sandro è il punto di riferimento del training per chiunque con l’unicità di essere disponibile ogni settimana dell’anno. Basta una telefonata o banalmente una rapida conferma nel gruppo wapp e l’allenamento diventa semplice, flessibile e a portata di mano.

E tra un training e l’altro, Sandro continua a fare gare. Nel Campionato Major 2017, con la mitica «Beatrix» (l’indomabile Honda 450R plasmata con le sue stesse mani riuscendo a farla tornare a misura di pilota) ha ancora detto la sua, battagliando per tutta la stagione sul filo di lana e portando a casa la vittoria nell’ultima gara dello stesso Major. Non solo ma ha strizzato l’occhio anche a gare sicuramente più goliardiche ma di certo non meno agguerrite, aggiudicandosi la vittoria assoluta del campionato Deus Swank Rally.

La grandissima esperienza di Alessandro Tramelli sarà principalmente incanalata nella gestione dell’area moto di Enduro Republic ed in particolare nella Scuola di Enduro che potrà avvalersi di un fettucciato dedicato, limitrofo a Grazzano Visconti. Sandro non sarà un semplice gestore. Sarà un istruttore, una guida, un organizzatore dei più svariati giri piacentini e non, ma soprattutto un punto di riferimento per tutti gli appassionati. Piacentino di nascita, guida inesauribile, maestro paziente ed esperto. La polvere, il fango, le mulattiere il suo habitat naturale.

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ENDURO REPUBLIC

Vuole essere il luogo dove trovi tutto: le moto, i tracciati, le persone, l’esperienza, i servizi, e naturalmente l’officina. La «casa» dell’Enduro.

Uno spazio affascinante, mutevole e accogliente, che avvicini le persone a questo sport. Dove l’appassionato possa praticarlo con semplicità. Dove il «pro» possa effettuare i test della propria moto nell’area «hard» del fettucciato. Dove chiunque possa imparare, proporre, chiacchierare e passare il proprio tempo. Guardando il forcellaio che lavora sulle sospensioni, pianificando la prossima avventura con gli amici, o programmando la preparazione della moto. Un nuovo concetto di officina che diventi spazio di intrattenimento e aggregazione. Un posto di eventi legati al mondo del motociclismo fuoristrada. Dove si possa respirare la storia dell’enduro, con le mostre/mercato temporanee e permanenti di moto d’epoca, e allo stesso tempo immaginare il futuro di questa disciplina ammirando gli esperti che si allenano nelle aree dedicate all’estremo.

Un luogo anche di servizi, che risolvano la maggior parte delle logistiche faticose annesse alla pratica sportiva dell’enduro, come il lavaggio moto, la manutenzione in casa ma anche semplicemente una doccia calda dopo un intenso allenamento. Il proprio armadietto personalizzato, il posto moto in affitto, e una bella birretta con salame a fine girata. Il «box» che ogni endurista ha sempre desiderato avere, con i servizi, l’esperienza, e la passione a portata di mano. Solo il bello dell’enduro.

Images courtesy Alessandro Tramelli, Enduro Republic, Rust and Glory

 

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