L’Uomo del Rinascimento. Marcello Mereu in conversazione con Pier Francesco Verlato

Marcello Mereu sta rivoluzionando il car detailing ispirandosi al restauro di quadri e sculture, e alimentando costantemente il suo sapere con un approccio eclettico che va dalla storia dell’arte all’innovazione tecnologica. È un tardo pomeriggio di una giornata che più milanese di così non si può, con brume fitte e polverose e Luci a San Siro sullo sfondo. Avanzo lungo il vialetto d’ingresso di una villa d’inizio ‘900 e mi faccio strada nella dependance-dei-sogni.

[Pier Francesco Verlato] Ciao Marcello e grazie per l’accoglienza.

[Marcello Mereu] Ciao Pier, grazie a te della visita.

[PFV] La prendo da lontano…  In che cosa consiste l’haute detaling?

[MM] Sai Pier, come siamo oggi lo dobbiamo alle nostre esperienze. Ciò che siamo è frutto dell’esperienza accumulata nel corso di una vita. Ho lavorato a lungo nella moda e in particolare per due maison che avevano l’haute couture al loro interno: Saint Laurent e Dior. Lavoravo nel prêt-à-porter ma guardavo con curiosità ai reparti dell’haute couture perché tutto veniva realizzato a mano. L’atmosfera era molto rarefatta e, per quanto riguarda le persone che vi lavoravano, anche se contrattualmente si trattava di operaie, erano in realtà divinità venerate dai manager perché nelle loro mani si custodiva il sapere. Era un’intelligenza (direi forse intellighenzia) che si esprimeva nei movimenti – finissimi – delle dita di quelle straordinarie sarte. Il lavoro manuale mi ha sempre molto affascinato e ha sedimentato in me e, quando decisi di lasciare la moda e Ginevra, dove lavoravo, mi feci la promessa di diventare estremamente abile nel lavoro pratico, applicandolo a ciò che più amo: le auto e le moto.

Il car detailing mi affascinava ma mi interessava capire come farlo evolvere in qualcosa che rispecchiasse non solo le mie attitudini, ma anche ciò che i collezionisti più esigenti cominciavano a richiedere. Quando mi approcciai per la prima volta a questo lavoro, l’impressione che ne ebbi fu quella di un ‘lavaggio evoluto’. L’immaginario dei detailers era poi legato ad una sorta di man cave, un luogo da uomini duri dove l’utilizzo di prodotti chimici aggressivi veniva spesso considerato come la cosa giusta da fare.

Nel fare mio questo lavoro, ho dunque cercato di applicare la mia sensibilità, di trasformarla in forza e passione, e nell’elemento differenziante da ciò che già esisteva. Ho pensato che, se invece di fare car detailing, mi fossi dedicato all’haute detailing, applicando la massima attenzione possibile nonché l’intelligenza e l’intellighenzia, il mio servizio sarebbe stato per pochi estimatori e questo va bene. Allo stesso tempo, mi auguro però che tanti decidano di fare questo lavoro perché l’Italia ha un enorme patrimonio di automobili storiche, anche se i collezionisti di seconda generazione stanno vendendo.

Questo è stato il mio intento primario, poi l’attività è evoluta. Ad esempio, ora sto lavorando a un progetto di education, dunque di didattica insieme a un brand tedesco ed è un peccato che in Italia non si investa ancora sull’haute detailing mentre decidano di farlo i Tedeschi.

L’haute detailer è un grande conoscitore dei materiali, uno che studia costantemente. Ad ogni auto che varca la porta dei miei spazi, mi immergo in un oceano di ricerca, di letture. Semplicemente perché devo capire tutto, o almeno il più possibile

[PFV] Raccontaci gli inizi.

[MM] Ho aperto la mia attività otto anni fa. Dopo quattro anni, mi sono iscritto a un corso di restauro, di pulitura di dipinti del 1300 e del 1800. Ho portato a termine anche il modulo di pulitura dell’acrilico con le diverse tecniche, intervenendo anche su quadri di epoche successive. Mi sono poi appassionato al restauro del legno, all’abrasione delle opere marmoree, al ripristino delle opere del passato. Ho cominciato a prendere in prestito le tecniche dal restauro artistico e ad applicarle sulle auto e sulle moto.

[PFV] Puoi raccontarci un episodio emblematico del tuo sviluppo come professionista dell’haute detailing?

[MM] Mentre studiavo restauro mi capitò una Rolls Royce della fine degli anni ’20 con una pelle originale, stupenda che però non si poteva bagnare. Incominciai allora a chiedermi come pulirla e la trattai quasi come un dipinto. Come nella pulitura di un dipinto, mi resi conto che dovevo procedere per gradi: usare prima un prodotto delicatissimo, poi uno appena un po’ più forte, il solvente esclusivamente organico. Era importante precedere in modo progressivo per non rovinare il pigmento. Da allora, ho cominciato a ingegnarmi anche nella formulazione dei prodotti che uso per il mio lavoro. Ho via via trascritto le ricette e li preferisco oggi agli altri prodotti industriali. Lo racconto con orgoglio e con una punta di arroganza ma che in realtà è consapevolezza di aver raggiunto un risultato soddisfacente dopo un periodo molto duro. Ho cominciato otto anni fa dopo sedici anni di attività nella moda dove mi sono occupato prevalentemente di gestione del business con qualche digressione nel merchandising, dunque a stretto contatto con la parte creativa e stilistica. Ma mai, nel mio percorso professionale precedente, avevo lavorato con le mani.

[PFV] Qual è la differenza tra la moda e l’haute detailing, o l’alto artigianato in genere?

[MM] La velocità: la moda è velocissima per l’avvicendarsi continuo delle collezioni. E, anche se possono esserci sovrapposizioni sotto il profilo della ricerca stilistica, l’haute detailing e l’alto artigianato in genere richiedono tempi lunghi. Al termine di un progetto di haute detailing, non soltanto gli occhi devono trovare soddisfazione, ma anche le mani perché, alle volte, il tatto è il senso che comunica l’idea di un lavoro ben fatto, come quando si sfiora con le dita un’agenda, o un altro oggetto in pelle di Hermès. Eppure, continuo a apprezzare un certo tipo di moda o, meglio, di stile.

[PFV] Quale?

[MM] Mi riconosco in particolare nel quite luxury che, come suggerisce il nome, rappresenta un’eleganza sobria, non ostentata e che resiste al trascorrere del tempo.

[PFV] Quali sono le firme che più apprezzi?

[MM] Certamente Hermès, non solo per lo stile ma anche per il rispetto del lavoro manuale. Nutro molto rispetto verso chi, per vivere, usa le mani e cerco io stesso di lasciarmi coinvolgere in qualunque lavoro manuale: dalla vendemmia all’apprendistato in carrozzeria e, con il mio amico Marco La Viola che crea modelli in scala favolosi, ci siamo ripromessi di fare la mietitura insieme. Il lavoro manuale salverà il mondo ed è l’esatta contrapposizione dell’intelligenza artificiale. In qualche modo, facendo qualcosa con le mani… ti frego! Lo penso, lo porto a termine e mi rendo così indispensabile.

[PFV] Mi viene in mente Matthew Crawford e Il lavoro manuale come medicina dell’anima.

[MM] Sì, anche se in Crawford il tratto filosofico e psicologico prendono il sopravvento, mentre per me lavorare in azienda non rappresentava una frustrazione. Questo perché ho sempre lavorato come se l’azienda fosse mia. Quando lavoravo da Prada mi chiamavano ‘Marcello Prada’ perché ero totalmente dedicato al mio lavoro. Forse perché sono figlio di imprenditori e parte della mia eredità familiare è la considerazione del lavoro qualcosa di sacro, come una parte importante della nostra vita.

[PFV] Dunque il lavoro è la priorità numero uno della tua vita?

[MM] Una delle priorità, anche se prima del lavoro metto la serenità personale e familiare.

[PFV] Qual è il profilo del tuo cliente?

[MM] Ho una parte B2B di consulenza alle aziende. Il mio cliente B2C è invece mediamente giovane: da venticinque a quarantacinque anni d’età. I cinquantenni ci sono ma non ho clienti di ottant’anni.

[PFV] Questo contraddice ciò che dicevamo prima, cioè che i giovani non tengano in famiglia le auto da collezione.

[MM] Sì, ma io lavoro con lo 0,1 percento di coloro che possiedono auto d’epoca! È dunque evidente che lavoro con chi decide di tenere la sua auto, anzi, di investirci.

[PFV] Tornando al B2B? Mi accennavi prima alle case d’asta.

[MM] Sì, lavoro molto con le case d’asta. E solo con un broker che puoi immaginare chi sia perché c’è tra noi una condivisione di molti valori, e questa è l’unica condizione alla quale riesco a lavorare con qualcuno. Faccio poi consulenza.

[PFV] Che cosa intendi con consulenza?

[MM] Ti faccio un esempio. Un cliente viene e mi dice: «dobbiamo rifare l’interno di questa Ferrari 250 GTO e vogliamo la Connoly (Pelle Connoly, n.d.r.)». Io però faccio loro presente che la Connoly d’oggi non è quella dell’epoca e propongo loro un ventaglio di soluzioni alternative. Cerco allora campioni di pelle il più vicino possibile all’originale che era certamente una Connoly, ma che all’epoca si realizzava a concia vegetale e con finitura superficiale. Era dunque impossibile che nel reverso fosse colorata. Ecco, l’haute detailer è un grande conoscitore dei materiali, uno che studia costantemente. Ad ogni auto che varca la porta dei miei spazi, mi immergo in un oceano di ricerca, di letture. Semplicemente perché devo capire tutto, o almeno il più possibile. Ad esempio, nel tempo mi sono capitate tre Porsche 911 Carrera RS Ducktail e ora, di quel modello, posso cominciare a pensare di sapere qualcosa in più di tanti sedicenti esperti.

Il lavoro manuale salverà il mondo ed è l’esatta contrapposizione dell’intelligenza artificiale

[PFV] Tornando al B2C, aiutami a inquadrare meglio il tuo cliente.

[MM] È una persona giovane, internazionale e molto ricca.

[PFV] Immagino che si tratti di un imprenditore nella maggior parte dei casi.

[MM] Sì, e quasi tutti appartengono a famiglie importanti da diverse generazioni. Hanno una solida educazione e il dialogo tra di noi è sempre piacevole e rispettoso. Io stesso, con il cliente, tendo a essere distaccato, non divento suo amico e non mi faccio vanto della sua conoscenza. Ma, senza alcun dubbio, sono orgoglioso di poter chiamare clienti molte persone verso cui nutro stima e ammirazione.

[PFV] A quali progetti fuori dai muri del tuo atelier ti stai dedicando in queste settimane?

[MM] La didattica, come dicevo prima, riveste un’importanza fondamentale. Conoscendo bene le Porsche, sto preparando un corso sulle vernici metallizzate che riflettono colori lievemente diversi da quello che appare senza luce diretta. Ad esempio, il nero metallizzato può riflettere tonalità marroni o anche blu con sfumature violacee. I brand tedeschi, in particolare Porsche e BMW, hanno avviato una vera e propria ‘scuola’ di verniciatura con colori metallizzati. Oggi, è mio compito trasmettere queste informazioni ai giovani appassionati di haute detaling.

[PFV] Dove prendi queste informazioni ?

[MM] Dai libri. Alcuni costano anche 500 o 600 euro ma sono per me investimenti necessari. Il car detailing si fa con due secchi, un set di spugne e prodotti chimici standard. L’haute detaling è un’altra cosa.

[PFV] Una volta lasciato il tuo lavoro nella moda, hai fatto dell’apprendistato?

[MM] Ho fatto il garzone di bottega, o meglio di ‘capannone’ alla tenera età di 38 anni. Lì ho imparato il detailing ma con un atteggiamento più ‘distruttivo’ che altro. Volevo fare le cose in maniera diversa a cominciare dalla pulizia degli ambienti dove c’era polvere e sporcizia. Qui, invece, si lavora in un ambiente quasi clinico.

[PFV] Difficile fare un lavoro di ultra-precisione in un ambiente sciatto e impolverato.

[MM] Esatto, quella era la prima cosa che non capivo. Calcola poi che venivo dai grandi brand di moda, cosa che mi rendeva ancora più difficile accettare quella situazione.

[PFV] Quali sono le tue ‘ossessioni’ oltre al lavoro? Parte ce le hai già raccontate prima, come ad esempio quella per il lavoro manuale in tutte le sue forme.

[MM] Vivo il mio lavoro più come una missione che come un’ossessione. E le auto mi piacciono tutte. Prima osservavo il volante di quella Panda (una 4×4 Sisley quasi impeccabile. N.d.r.) e mi piaceva! Ma non sopportavo l’odore. Ecco, gli odori sono una mia ossessione anche perché sono in grado di cogliere sfumature quasi impercettibili. Ciò detto, se vogliamo parlare di missione, il lavoro mi consumerà. L’attività didattica verso i giovani restauratori è quasi una valvola di sfogo e mi dà pace. Il lavoro in atelier è invece qualcosa di più grande di me e richiede una totale dedizione.

[PFV] Ti piace l’odore delle automobili nuove?

[MM] Poco, preferisco l’odore delle auto con molte stagioni alle spalle. Apprezzo però l’innovazione tecnologica tanto che vedo Luraghi (Giuseppe Luraghi. N.d.r.) come uno dei miei principali punti di riferimento per ciò che è riuscito a realizzare in Alfa Romeo. E, come ho già detto, le auto mi piacciono tutte, tanto che ne guido una dell’ultima generazione. Ma non ho la cupidigia, il senso del possesso. Trovo che il denaro non faccia la felicità. La mia macchina di tutti i giorni è una coreana in leasing.

[PFV] Che ruolo ha la moda nella tua vita oggi?

[MM] La vedo più come espressione umana, come forma d’arte. Mi piace la moda ma anche la musica, la storia, la letteratura, la geopolitica.

[PFV] Ami tenerti aggiornato sulle questioni correnti?

[MM] Leggo tutte le mattine, 40 minuti almeno. Mi alzo alle 6, mi preparo, arrivo impeccabile in cucina e leggo un saggio o un romanzo, il National Geographic, un manuale di fotografia… Qualsiasi cosa mi affascini. Sono molto curioso.

[PFV] Abbiamo la stessa malattia: la curiosità. Anch’io compro libri ovunque vada.

[MM] Pensa che Luigi Secco, astrofisico dell’Università di Padova e papà del mio amico Benedetto, è come me un accumulatore compulsivo di carta stampata e allora quando lo vado a trovare si ride del fatto che in casa ci siano libri dappertutto. Che poi l’importante è che ci siano. Leggerli è quasi un’attività accessoria, anche se poi non se ne riesce a fare a meno.

[PFV] I libri, anche quando lasciati là, hanno una loro energia. Una stanza coi libri è una stanza dove si sta bene.

[MM] Pensa che non ho nemmeno una libreria. La aspetto ma ancora non me l’hanno fatta. Ho libri ovunque. Ai ragazzi che studiano con me raccomando continuamente l’uso dei libri.

[PFV] Mi sembra che il coinvolgimento dei più giovani rivesta per te un’importanza fondamentale.

[MM] Education, comunicazione e sensibilizzazione verso il restauro estetico. Vorrei nascesse una vera e propria accademia di restauro estetico.

[PFV] Te la senti di fare un elogio della lentezza?

[MM] La lentezza è importante, ma altrettanto importante è avere tempi ben scanditi per ciascuna attività e un’agenda puntuale. La musica classica ci insegna il tempo: adagietto, allegro moderato, vivace… Se un artigiano lavora senza guardare l’orologio, non è un artigiano. L’artigiano conosce tutti i ritmi della sua musica. Alle volte hai un lavoro che va consegnato per uno scopo che non è quello dell’esibizione in un museo. Viva la lentezza! Ma… non è tutto. Dalla moda ho ereditato la velocità di ragionamento, e anche questa conta quando devi far felice un cliente.

[PFV] Dimmi un musicista classico.

[MM] Mozart.

[PFV] Un musicista contemporaneo.

[MM] Philip Glass.

[PFV] Un pittore.

[MM] Rubens. E i veneziani: Tiziano e Canaletto. Canaletto mi fa impazzire, rimango incantato. Il triveneto è stata espressione grandissima nella pittura perché Venezia aveva i pigmenti. Rembrant stesso si è formato in Italia.

[PFV] Hai mai visitato la Fornace Orsoni a Venezia?

[MM] Vorrei ma sono due anni che non mi prendo un weekend di riposo.

[PFV] Torniamo ai pittori. Un moderno e un contemporaneo?

[MM] Lucian Freud. E poi la scuola inglese contemporanea, come Jenny Saville. Mi piace la pennellata grossa, lo spessore.

[PFV] Dove vorresti andare in viaggio se ne avessi il tempo?

[MM] In Sudamerica perché non ci sono mai stato. Conosco bene l’Asia ma le grandi città della Cina sono molto inquinate, anche se fanno passi avanti alla velocità della luce. Altro che l’America. Gli Stati Uniti sono diventati lenti e troppo conservatori.

[PFV] Ho visto un po’ di America Latina e la città dove tornerei se ne avessi la possibilità è Buenos Aires perché è – come dire – Parigi che incontra Madrid sul mare.

[MM] L’Argentina ha espresso drammaturgi e letterati di livello altissimo. Come Cile e Perù.  Pensiamo a Borges, Vargas Llosa ma anche alla Allende.

[PFV] Grazie Marcello, è stato un viaggio più che una conversazione, anche se non si siamo mossi dal tuo atelier circondati di cotanta ‘arte’.

[MM] Grazie a te Pier, alla prossima.

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