L’evoluzione del casco da moto

Se hai più di 40 anni, ricorderai le scorribande in cinquantino senza casco sul finire degli anni ’90, con i due tempi ululanti a 90 all’ora in un Tourist Trophy quotidiano tra marciapiedi e cordoli, dieci minuti dalla campanella della prima ora, o mezz’ora in anticipo sulla pizzata in collina*. L’Italia fu uno degli ultimi paesi a introdurre l’uso obbligatorio del casco e la deroga invalsa fino al 30 marzo del 2000 per i maggiorenni in motorino andò oltre ciò che il buon senso avrebbe richiesto. Infatti, la nuova regola fu accettata subito senza mugugni: uno dei rari casi in cui la norma non fu percepita come una costrizione ma come una semplice presa d’atto di un’abitudine che già si consolidava.

Nei paragrafi che seguono, analizzeremo la storia del più importante elemento di protezione per il motociclista, dal 1914, quando il dottor Eric Gardner cominciò a sviluppare i prototipi cucendo insieme cuscinetti di pelle imbottita, basandosi sui risultati degli studi sui suoi pazienti che avevano subìto traumi cranici, fino alla genesi del casco come lo conosciamo oggi, realizzato in varie fibre e a più strati. Ovviamente, ci consentiremo qualche digressione legata all’iconografia del XX secolo: un paio di riferimenti a film e personaggi che ci stanno a cuore.

Che te lo diciamo a fare? Se ci leggi, conosci almeno un po’ le nostre ossessioni, ma se sei un vero motoclista Rust and Glory, ricorda che il casco va anche decorato con qualche adesivo, controllato di tanto i tanto (cinghie, visiere e prese d’aria) e cambiato ogni cinque o sei anni. Ovviamente, l’importanza di queste operazioni non rispecchia l’ordine con cui le abbiamo scritte!

*chissà perché si sceglievano sempre le pizzerie in collina.

L’evoluzione del casco da moto

La storia del casco comincia oltre un secolo fa con le cuffie di pelle imbottita ed evolve fino ai moderni caschi aperti, modulari e integrali in fibra di carbonio e kevlar.

All’inizio del 1900, le motociclette erano semplici “biciclette motorizzate”, costruite per un comodo ed agile trasporto ma in realtà non più veloci di una bici tradizionale. Ben presto, si scoprì però il potenziale delle motociclette come macchine per il divertimento e per le corse. Iniziarono allora gli infortuni più seri. Fu per la prima volta nel 1914 che un medico inglese, il dottor Eric Gardner, commissionò un cappello in tela pesante per proteggere la testa di un motociclista che aveva subito un trauma in precedenza. Nacque così il primo casco o, se preferiamo, la prima idea di casco. Il dottor Gardner aveva capito l’importanza della sua invenzione e fece pressione sugli organizzatori del Tourist Trophy all’Isola di Man per l’utilizzo obbligatorio da parte dei piloti in gara. Ebbe successo e i responsabili del trofeo resero obbligatorio un copricapo protettivo.

Tuttavia, coloro che guidavano la moto sulle strade di tutti i giorni non si sentivano a proprio agio con il casco. L’abitudine era quella di indossare un berretto imbottito e i famosi occhiali da motociclista. La coscienza collettiva subì però un brusco risveglio quando il famoso eroe nazionale inglese, T.E. Lawrence, conosciuto come “Lawrence d’Arabia”, morì tragicamente, non in una guerra o in una campagna militare, ma in un incidente stradale vicino a casa.

Questa tragico evento fece sì che il pubblico si rendesse conto dei pericoli che si correvano alla guida di una moto e cominciasse a porsi domande su come prevenire ulteriori sciagure.

Il dottor Hugh Cairns, il medico britannico che assistette Lawrence D’Arabia all’ospedale, fu profondamente turbato da questo tragico evento e si dedicò alla ricerca sulla correlazione tra incidenti motociclistici e traumi cranici. Pubblicò i risultati della sua ricerca sul British Medical Journal. Questo fece sì che il casco – all’epoca in gomma e sughero – si rendesse obbligatorio per i motociclisti dei corpi militari britannici.

Il moderno casco da motociclista

Nel 1953, C.F. Lombard, professore della Università of Southern California, negli Stati Uniti, sviluppò un casco con capacità di assorbire gli urti. Si trattò a tutti gli effetti il primo casco moderno poiché multistrato: un guscio esterno in fibra di vetro dura, schiuma che assorbiva gli urti nello strato intermedio e una fodera interna imbottita per il massimo comfort.

Fu sulla base del casco sviluppato dal professor Lombard che Roy Richter, ex pilota automobilistico e fondatore di Bell Helmets, creò il famoso casco Bell 500. Oltre che sull’invenzione di Lombard, Richter basò il suo progetto sui caschi da aviatore dell’epoca. Di conseguenza, il Bell 500 ebbe un successo immediato segnando l’inizio di un’era di moderni caschi da motociclista. Ben presto, divenne un equipaggiamento standard nelle corse e lentamente, negli anni ’60, sempre più motociclisti di tutti i giorni iniziarono a utilizzare il casco. Nel 1963, Bell scosse nuovamente il mercato con il primo casco integrale: lo Star. Era costoso ma offriva la massima protezione utilizzando la tecnologia e i materiali dei caschi da volo degli astronauti militari e della NASA.

Lo Star venne lanciato al momento giusto: l’anno successivo, nel 1964, l’USDOT (il Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti D’America) creò i primi standard di sicurezza a cui dovevano attenersi i caschi da motociclista. Sempre nel 1966, il Congresso approvò l’Highway Safety Act: a ciascun singolo stato sarebbe stato richiesto di adottare leggi sull’uso del casco, vincolando direttamente la promulgazione di tali norme all’ottenimento di fondi dal governo federale per lo sviluppo delle autostrade. Ciò diede un forte impulso all’introduzione dell’obbligatorietà del casco in gran parte degli Stati Uniti D’America.

Nell’anno successivo, il 1967, Giacomo Agostini utilizzò per la prima volta un casco integrale in gara. Non si trattava di un Bell ma di un italianissimo AGV.

Negli anni ’70 e ’80, lo sviluppo del casco integrale progredì ulteriormente grazie ad alcune possibilità di personalizzazione, come le visiere intercambiabili e colorate. Furono poi introdotti i caschi modulari che combinavano la comodità di un casco aperto con un la maggiore sicurezza offerta dal casco integrale.

Nonostante l’Inghilterra sia stata uno dei paesi chiave per la consapevolezza mediatica e scientifica dell’uso del casco, questo fu reso obbligatorio solo nel 1973. In Italia, l’obbligatorietà del casco arrivò nel 1986, mentre in Spagna nel 1992.

In quel periodo, nacquero i caschi specialistici per il fuoristrada: anche in questo caso, un intero nuovo mercato venne aperto dall’americana Bell Helmets.

Nel frattempo, proseguiva l’evoluzione dei materiali con le aziende che cominciavano a sperimentare con compositi speciali come la fibra di carbonio. Negli anni ’80, Shoei realizzò il primo casco multifibra (carbonio e kevlar): si trattava del famoso modello GRV indossato dai campioni della 500cc come Rainey e Gardner.

Oggi, i principali produttori offrono caschi da moto sviluppati grazie all’utilizzo delle ultime tecnologie, e prestano particolare attenzione anche al comfort.

Gli standard elevatissimi sono garantiti da vari test di omologazione che ogni casco da motociclista deve superare, come l’ECE 22.05 in Europa o lo standard DOT negli Stati Uniti.

Quanto all’estetica? A ognuno la sua scelta, anche se noi siamo particolarmente affezionati a Bell, Davida e 70s Helmets.

 

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