Ivy: lo stile senza tempo delle università americane

Intervista a cura di Charles McFarlane originariamente pubblicato su Put This On.

Jonathan Wertheim è l’uomo dietro il popolare account Instagram Berkeley_Breathes (oggi purtroppo inattivo, n.d.t.). In parte antropologo e in parte curatore di moda, Wertheim trascorre le sue giornate a sfogliare annuari, sia delle licei che delle università, e cura una selezione di foto su Instagram per dare agli spettatori uno sguardo a quello che descrive come lo stile “Ivy” (l’ “Ivy League” è l’associazione delle più prestigiose università della East Cost statunitense. Gli stili identificati come “Preppy” e “Sloan Ranger” sono declinazioni dello stile “Ivy”). Sì, ci sono un sacco di maglioni Shetland, ma Wertheim analizza anche come è cambiata la moda dei campus e come i vestiti siano stati usati più come una forma di espressione personale, piuttosto che alla stregua di un’uniforme codificata. Attraverso il suo archivio, le sue capacità di ricerca e l’attenzione per i dettagli, Wertheim documenta generazioni di moda collegiale in America. Wertheim ha condiviso con noi alcune delle sue foto preferite e ha parlato dello stile “Ivy”: di come il passato possa influenzare lo stile moderno, dell’associazione tra “Ivy” e la politica di destra e, cosa più importante, del perché questo stile sia ancora per tutti.

Questa intervista è stata modificata e riassunta per maggiore chiarezza.

Charles McFarlane: Jonathan, come ti sei avvicinato allo stile “Ivy”?

Jonathan Wertheim: Mi interesso di abbigliamento da molto tempo. Ad un certo punto, volevo saperne di più su questo stile specifico. Lo ammetto, non amo il nome “Ivy” ma ero curioso di saperne di più  ed è così che sono finito su un forum. Sono stato attratto dall’espressione eclettica di questo stile. Ci sono molte interpretazioni che mi hanno appassionato dal momento che anch’io ho una personalità eclettica e mi piacciono molte cose.

CM: Non credo che la maggior parte delle persone considererebbe lo stile “Ivy” come eclettico.

JW: Sai, tradizionalmente il canone “Ivy” comprende pochi iconici capi: mocassini, un paio di abiti, camicie oxford e cravatte. Non sono molto sintonizzato con menswear o influencer di abbigliamento maschile. Nelle mie ricerche, mi attengo solo agli  annuari scolastici e universitari e gli abiti presentati sono molto eclettici. Non è come gli altri account di moda maschile su Instagram, dove ogni dettaglio nel vestire è al suo posto. La gente faceva cose strane ed ecco da dove viene questo stile – persone che fanno cose strane – e penso che ciò sia stato dimenticato. Ciò mi appassiona molto di più della narrativa standard su blazer blu, pantaloni cachi e mocassini.

CM: Suppongo che ciò ci consenta di parlare di quale sia il termine corretto. Io stesso non amo il termine “Ivy” e quando guardo il tuo account Instagram, sia le scuole che lo stile in primo piano sembrano molto più ampi. Lo considero più come lo stile da college americano e la tipizzazione del modo di vestire americano. E tu come definisci lo stile che stai documentando?

JW: Questa è una domanda molto interessante, poiché solleva alcune questioni spinose riguardanti lo stile e le comunità associate. Le persone spesso parlano di “Ivy” come di uno stile molto egualitario, il che è divertente quando lo chiamiamo “Ivy”. Penso che i vestiti siano molto egualitari e stiano bene praticamente a chiunque. Ma, ovviamente, i prezzi di oggi non sono egualitari. Storicamente, anche l’accesso alle scuole Ivy non era egualitario. So che, quando cerco annuari da cui prendere immagini, sono guidato da alcune cose sgradevoli. Se sto guardando un annuario di una scuola statale, le possibilità che contenga buoni vestiti “Ivy” diminuiscono. Lo stesso vale per le scuole del Midwest o per le scuole che hanno una forte attenzione alle scienze pure. Quegli studenti non provenivano da comunità tradizionalmente “Ivy” e non erano abituati a vestirsi in quel modo.

CM: Sei piuttosto schietto su Instagram quando si tratta di gatekeeping (la pratica di limitare a alcuni l’accesso a qualcosa, n.d.t.). Trovo questa prospettiva rinfrescante. Ma come descriveresti il ​​tuo rapporto con gli aspetti più problematici di “Ivy?”

JW: C’è una vera feticizzazione di questo stile in quanto rappresenta la cultura di classe d’élite, qualcosa di intellettuale e raffinato. Penso che molte persone ne siano attratte perché soffrono della carenza di raffinatezza e di cultura nelle loro vite o nel mondo che le circonda. Sfortunatamente, quando parliamo di cultura e raffinatezza, di solito parliamo di alcune situazioni problematiche riguardanti il razzismo e la differenza tra le classi sociali.

Tuttavia, quando entri nella documentazione storica degli annuari, scopri che la narrativa non riflette sempre quello che è successo nei campus. Le scuole sono state bianche per molto tempo, ma poi le cose hanno iniziato a diversificarsi. Semplicemente non vedi questo cambiamento pubblicizzato perché quelle immagini non si adattano alla narrativa di Take Ivy (il titolo di un libro fotografico reperibile su Amazon). Quindi la cultura online perpetua l’idea di come dovrebbe apparire questo stile e di che cosa rappresenta.

Sono un insegnante di inglese e, nel mio campo, la rappresentazione letteraria è sempre al centro delle conversazioni. C’è molto consenso intorno all’idea che gli studenti siano più felici e abbiano più successo quando vedono rappresentazioni di se stessi. Molte persone in questa comunità amano torcersi le mani sul fatto che nessuno indossa più questi vestiti, ma l’unico modo in cui questo stile sopravviverà è rappresentare le persone che sono effettivamente interessate ad esso. La realtà storica è che molte di queste scuole erano prevalentemente bianche a causa di strutture razziste, ma invece di perseguire solo l’accuratezza storica, forse dovremmo cercare di bilanciare un po’ le vedute differenti e dire: “Ehi, ecco questo studente asiatico-americano in un liceo tradizionalmente bianco”. Preferirei mostrare quella persona piuttosto che ripubblicare le stesse foto già pubblicate su un milione di blog e siti. Si tratta di amplificare una parte della storia di questo stile che è stata dimenticata.

CM: Per molte persone, gli abiti “Ivy” rappresentano più di un semplice periodo nell’abbigliamento collegiale americano, rappresentano anche un insieme specifico di valori americani conservatori. Man mano che la vita americana è diventata politicamente più polarizzata, la politica di destra è cresciuta sempre più nella comunità “solo Ivy”. È possibile smentire questa visione?

JM: Quando qualcuno cerca di collegare questi vestiti a un particolare insieme di valori, spesso cerca di collegarli a valori sociali conservatori. È un po’ auto-selezionante in questo senso. Se indossi questi vestiti, avrai alcuni aspetti tradizionali per te. Apprezzi il passato, la storia e, in una certa misura, le tradizioni. Il problema arriva quando le persone fanno dietrologie e sostengono: “Sono l’ultimo difensore di una tradizione che gli altri stanno attaccando”. Questo è confermato in ogni articolo sul sito Ivy-Style.com.

 

Spero che quello che sto facendo sia combattere quell’atteggiamento, perché questi sono solo vestiti. Chiunque può indossarli e chiunque li ha indossati. Puoi mostrare tutte le foto di William F. Buckley che vuoi e dire: “questa è la tradizione che sto difendendo con questi vestiti”. Posso mostrare altrettante foto di Robert Lowell, Arthur Miller e Robert F. Kennedy dello stesso periodo. C’è stato un tempo in cui questi vestiti erano indossati da un’ampia parte della società. E, come ho già detto, se mostri come questo fosse un campo molto vario e ampio, puoi attirare nuove persone oggi che potrebbero aver precedentemente sentito che questi vestiti non li rappresentavano.

CM: Penso che qualcosa di unico nell’abbigliamento maschile sia il modo in cui le persone cercano continuamente ispirazione nel passato. Cosa ne pensi dell’ossessione per la storia, guardando l’archetipo studentesco e il materiale d’archivio per lo stile contemporaneo?

JW: È utile e pericoloso. Sarà sempre utile guardare ciò che è venuto prima. Può essere qualcosa di semplice come trovare un atteggiamento che ti piace e portare quell’atteggiamento su ciò che indossi oggi. Se guardi al passato per porre domande, essere curioso e rendere le cose fresche oggi, è fantastico – voglio dire, questa è la storia di Ralph Lauren. Il pericolo arriva quando guardi al passato per lo stile e ti senti come se ti fossi perso qualcosa. Se stai guardando un film o stai guardando una pubblicità, devi ricordare che quelle cose sono state progettate intenzionalmente per farti sentire in un certo modo. È facile guardare un pezzo di media e poi improvvisamente desiderare qualcosa – qualcosa che presumibilmente ti renderà più autentico o ricreare un aspetto che ami.

CM: Molte delle immagini che trovi negli annuari sembrano essere state scattate qualche anno fa in un piccolo college di arti liberali. Soprattutto quando arrivi tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’70, le immagini che sono riuscito a trovare sembrano contemporanee.

JW: Provo spesso la sensazione per cui mi imbatto in una foto e mi pare che possa essere stata scattata ieri. Alcuni degli abiti sono senza tempo; alcuni sono chiaramente ancorati a un periodo. Ci sono anche cose nel mezzo. Durante gli anni ’60, c’erano alcune scuole nel New Hampshire in cui molti studenti indossavano inaspettatamente stivali da cowboy classici. Li indossavano in modi postmoderni, non diversamente da oggi, dove le persone giocano con le regole convenzionali. E lo vedi di nuovo alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, quando le persone sentivano che le strutture di potere non funzionavano per loro, quindi si vestivano in modi controculturali.

CM: Sono contento che tu l’abbia menzionato, perché sembra che abbiamo fatto il giro di questa idea di postmodernismo nel vestire. Gran parte di ciò di cui stiamo parlando è la nostra capacità di immergerci e uscire da questo stile a piacimento e separare l’abito dai suoi valori o dagli stili di vita associati a esso. Pensi che “Ivy” o “trad” siano completamente postmoderni a questo punto?

JW: Se nel 2021 vesti “Ivy” o “trad”, è postmoderno in una certa misura perché stai prendendo una decisione consapevole. Prendi Tucker Carlson (presentatore televisivo americano, n.d.t.), per esempio. Alcuni dicono che il suo stile gli sia naturale perché ha frequentato il collegio di St. George e successivamente il Trinity College. Ma se guardi le altre persone del suo entourage, non si vestono così. Sì, potrebbe aver dovuto seguire un codice di abbigliamento mentre era all’università. E sì, potrebbe essere cresciuto in una famiglia che ha sottolineato l’importanza di vestire in una determinata maniera. Ma poteva, come gli altri, scegliere di non comprare magliette da Mercer o cappotti sportivi da J. Press. Ma non lo fece; ha scelto questo modo di vestire perché voleva rappresentare qualcosa di sé stesso attraverso l’abbigliamento.

Per quanto mi piacerebbe separare i vestiti dai valori, è invariabile che le persone leggano la tua personalità nelle tue scelte di abbigliamento. Questo è vero se indossi abiti formali o stivali da cowboy. Penso che la fluidità postmoderna derivi dal contesto. I nostri segnali di abbigliamento sono complicati. Ognuno di noi porta qualcosa di diverso a quelle scelte – la nostra personalità, consapevolezza e background. Questo è ciò che rende lo stile “Ivy” così interessante.

Per altre foto di Jonathan, puoi seguirlo su Instagram al suo indirizzo Berkeley_Breathes (oggi inattivo).

 

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