– Testi e foto di Marco Latorre –
Una travolgente ondata di fumo. Che però alla fine non c’era. È il progresso bellezza, il progresso. E tu non ci puoi fare niente.
A Milano, venerdì pomeriggio 11 Ottobre, si è tenuto uno degli eventi anticipazione di Eicma 2016 organizzato a braccetto con il mensile ICON di Panorama. Un incontro con una bella patina dal titolo “Moto e Design: il futuro delle due ruote”. Protagonisti due opposti relatori: Andrea Ferraresi, Responsabile Design Center di Ducati e Pietro Figini, il preparatore di motociclette a capo dell’officina-atelier TPR di Milano. A moderare, Michele Lupi, direttore di ICON.
La serata si è tenuta all’iQOS Embassy, il nuovo concept store di Philip Morris dedicato alla vendita dell’innovativo dispositivo iQOS, una nuova specie di sigaretta elettronica. In futuro è probabile che non sentiremo più odore di benzina né vedremo più mozziconi per terra.
Dalle prime battute dell’incontro mi inonda una constatazione: la digitalizzazione dei processi e l’evoluzione continua della tecnologia stanno modificando profondamente il concetto di mobilità globale. La mareggiata è enorme e si prenderà tutto, industria motociclista compresa. Questo significherà cambiamento, totale, profondo. Le moto concept già presentate nelle recenti fiere sono solo un assaggio. Ferraresi di Ducati non ha escluso che in futuro la motocicletta potrà guidarsi da sola, salvo poi lasciarci il piacere di inserire il comando “manuale” nelle strade di campagna (o montagna). Le Self-Drive Car esistono già. L’auto che si guida da sola che Google sta testando in America ha già percorso 2,4 milioni di km. Già.
E il mondo delle motociclette “special”? E le cafe racer, e le scrambler, i bobber, le brat, gli enduro stile anni settanta? Di fatto sono un cortocircuito a questo trend. Da una parte l’evoluzione tecnologica, dall’altro una corrente, una moda, un definito gruppo di appassionati (numeroso) che sceglie moto vecchie, con poca elettronica e tanta meccanica. Come si spiegano queste due tensioni opposte? Ferraresi e Figini “esplodono” – da due prospettive differenti – il concetto di “customizzazione”. Per Ferraresi di Ducati è la possibilità di offrire un ventaglio sempre più grande di variazioni, personalizzazioni, accessori, tutto dalla linea produttiva. Dalla fabbrica, fatta su misura. Per Figini di TPR significa fare quello che da decenni fanno gli Harleysti, prendere una moto e modificarsela a proprio piacimento, in base ai gusti, alla moda, e al portafoglio. Dall’officina, fatta su misura. Non sono due prospettive così lontane. Il fattore comune è la personalizzazione, da impercettibile a estrema. Qui l’industria può competere con l’officina? È molto probabile. Eppure manca qualcosa. Un passaggio umano.
A un certo punto, Ferraresi di Ducati si sporge e dice a Figini di TPR: “Se io ti avessi commissionato una moto, passerei tutti i momenti del mio tempo libero in officina con te per vedere i lavori.” Eccolo, il cortocircuito. Quel passaggio che forse spiega un po’ la forza e lo slancio di quella che molti definiscono “moda” passeggera ma che in realtà è semplicemente la versione più recente di un desiderio che esiste da quando esiste la moto. Forse anche prima.
Non si tratta di personalizzare una moto, quello è secondario. Si tratta di condividere emozioni, esperienze e storie. Di moto e non solo. Oggi il preparatore è uno che come Figini lavora l’alluminio, sa mettere le mani nel grasso e nell’olio esausto. Domani magari sarà uno smanettone che progetta in 3D.
La tecnologia e i robot, la guida automatica e i sistemi elettronici per controllare la trazione, restituire la coppia massima, ridurre i consumi, rendere più efficiente e precisa l’erogazione viaggiano sempre più distanti da quel bisogno fortissimo di vivere e condividere una storia. Una passione. Stare in officina, costruire una moto.
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