Che piacere il volo a vela! L’aliante raccontato, nel 1960, da un veterano delle aerolinee

Dopo 18.000 ore di volo al mio attivo come pilota d’aerei, solo ora ho scoperto che cosa voglia dire volare. Ho provato la gioia di guidare una macchina fatta dall’uomo che è in perfetta comunione con la bellezza della natura, con il cielo e con la pace divina.

Ho fatto quest’esperienza con un aliante su un’ondulata e verde campagna. Non c’erano vibrazioni di motori, non c’erano eliche, ma soltanto una piccola fusoliera poco più larga delle mie spalle e 16 metri d’ali eleganti e affusolate. Eravamo noi due soli – l’aliante e io – e il dolce fruscio dell’aria intorno a noi.
Riuscivo a rimanere in cielo valendomi delle correnti d’aria e, s’intende, della mia abilità, sforzandomi d’imitare quel che gli uccelli fanno cosi facilmente. Bisogna adoperarsi per trovare quelle correnti d’aria ascendenti e a rimanervi. Io m’adoperavo in modo calmo, sereno e proficuo, estraniato dal mondo in un ambiente quasi di sogno.

Ma venite con me a volare a vela. Potremmo farlo in moltissimi luoghi. Uno di questi potrebbe essere Elmira, nello Stato di New York o Bishop, in California, vicino all’alta Sierra; o Zell am Ziller, in Austria, dove i venti delle Alpi v’aiutano a salire costeggiando le grandi montagne o, se è la giornata buona, potremmo sorvolarle e arrivare in Italia. Potremmo essere in Germania, o vicini alle Piramidi d’Egitto, o sulle pianure del Texas, della Unione Sovietica… quasi in ogni angolo del mondo.

Per questo pilota d’aviolinea, non c’è nulla che possa uguagliare la gioia del volo su un aliante.

Ovunque sia, il volo a vela richiede un buon apparecchio. Questi apparecchi* sono chiamati alianti veleggiatori mentre l’apparecchio che si limita a planare è detto libratore, Chi pratica il volo a vela dice che il libratore non fa che « alzarsi nel cielo e poi scivolar giù di nuovo. » Il volo a vela invece è navigare nel cielo senza motore e questo è proprio ciò che fa l’aliante veleggiatore.

Siete seduti in un piccolo ma comodo posto di pilotaggio vicino al muso dell’apparecchio, poco più avanti del bordo anteriore delle ali. Avete l’impressione che le ali siano parte di voi e che s’estendano oltre le vostre spalle. Sopra il capo c’è un tettuccio di plastica che vi dà la sensazione d’esser fuori nel cielo e non dentro l’apparecchio. Avete una cintura di sicurezza alla vita e delle cinghie alle spalle.

C’è la pedaliera del timone e una barra di comando, pochi strumenti, una manopola rossa con la scritta Sgancio e una leva che comanda i « diruttori. » Questi sono delle piastre poste sulle ali, lunghe da 60 a 90 centimetri, che si aprono contro il flusso dell’aria quando si tira la leva. I diruttori diminuiscono la portanza e aiutano ad atterrare.

Chiudendoli, procedete placidamente nell’aria.


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Ora siamo pronti a decollare. Settantacinque metri davanti a noi il pilota dell’aereo trainatore agita il timone per segnalare che la torre di controllo dell’aeroporto ci ha autorizzati a decollare. Siamo uniti da un cavo di canapa d’un centimetro di diametro. L’aereo che ci rimorchia si mette in moto e ben presto il muso dell’aliante comincia a sobbalzare senza che noi, a quella bassa velocità, si possa guidarlo. Ma dopo pochi secondi, il flusso dell’aria e la velocità aumentano e noi prendiamo vita. Siamo in volo.

Ora l’altimetro segna 760 metri e noi siamo al di sopra d’alcune basse colline, un buon posto per sganciarci. Tiriamo la manopola dello sgancio. Sentiamo un forte scatto metallico: l’anello fissato al muso del nostro apparecchio si apre e libera il cavo. L’aereo trainatore s’inclina a sinistra e scende verso l’aeroporto.

Adesso avviene un cambiamento meraviglioso. La velocità diminuisce, l’areo trainatore porta via con sé il frastuono e tutto diventa calmo, silenzioso e magico.

D’improvviso siamo soli.

Anche Thomas Crown, il personaggio interpretato da Steve McQueen nel 1968, amava pilotare gli alianti

Il nostro indicatore di velocità segna 70 chilometri l’ora; voliamo benissimo, scendendo molto lentamente. Anzi, sappiamo di scendere soltanto dalle indicazioni del variometro, uno strumento in cui una pallina rossa si è mossa dalla base del suo tubo verticale. Se fossimo in volo su un aereo che avesse perso il motore, avremmo un unico pensiero angoscioso: « Dobbiamo trovar subito un posto per atterrare! »

In aliante è diverso : abbiamo tutto il tempo. Scendiamo soltanto di 60 centimetri il secondo : da 600 metri ci vuole almeno un quarto d’ora per arrivare a terra anche se non trovassimo nessuna corrente d’aria in ascesa. E noi planiamo con un’amplissima angolazione; procediamo di 30 metri per ogni metro che scendiamo. A questa quota possiamo percorrere più di 18 chilometri !

Voliamo silenziosi, in attesa d’una corrente ascendente. L’altimetro scende : 600 metri, 450 metri, Ora eseguiamo una virata in direzione dell’aeroporto, nell’eventualità che non dovessimo incontrare nessuna corrente ascendente. Poi, ancor prima che ce lo dica una pallina verde del variometro, lo sentiamo : un piccolo aumento della velocità all’aria, una debole, leggera spinta. È come la prima toccatina a una lenza da pesca. Balziamo all’erta, con i sensi vigili. Subito dopo siamo in spirale per cercare di rimanere nella corrente ascendente che abbiamo appena incontrata.

Gli alianti veleggiatori vanno pilotati con grande sensibilità. È questo il modo per trarne il massimo rendimento. Non c’è dubbio che il volo a vela aiuti a pilotare i grossi aerei. Una volta, in Spagna, un quadrimotore da trasporto si trovò nella circostanza quasi impossibile d’avere tre motori fuori uso. Il pilota, con un solo motore in funzione, non aveva più la possibilità d’andare avanti, e poteva soltanto sperare di planare : tuttavia, abituato com’era a pilotare alianti, utilizzò la sua pratica delle correnti e ottenne un certo sostentamento lungo il fianco d’una montagna, tanto da poter arrivare sano e salvo in un aeroporto.

Ora guadagniamo quota. Superiamo i 600 metri volando in spirale nella nostra corrente d’aria che forse non è più larga d’un campo di calcio. Questa -invisibile forza sostentatrice potrebbe esser cominciata come una bolla d’aria scaldata dal sole su un campo arato. Poco dopo questa bolla riscaldata – una « termica » – si stacca e sale nel cielo come un pallone aerostatico. Con un po’ di fortuna ne troviamo una e saliamo con essa. In certi giorni l’attività termica è più intensa che in altri. In una giornata calda e umida un’innocente termica può essere l’inizio d’un temporale. Se le circostanze sono più tranquille, potrà limitarsi a formare un bianco e ovattato cumulo.


Per conoscere meglio gli alianti e il volo a vela, ci siamo comprati questo libro favoloso.

Evidentemente la termica in cui siamo sta diventando un cumulo sopra a noi e il nostro volo a spirale, simile a quello d’un falco, ci porta nella sua direzione.

Infine, a 1500 metri di quota siamo proprio sotto il cumulo. Brandelli di bianca garza sono sospesi nell’aria come banchi di nebbia che calano lungo una valle alle prime ore del mattino. Al centro del cumulo, sul fondo, c’è un incavo a forma di volta sopra il quale la nuvola appare d’un colore grigio scuro. È qui che s’incontra la spinta in alto più forte, ma a meno di non avere una notevole pratica del pilotaggio è meglio rimanere fuori della nuvola.

Il processo di riscaldamento rende alcune regioni degli ottimi posti per il volo a vela. Il primato mondiale di distanza, 861 chilometri, è stato stabilito da Richard H. John son tra Odessa, nel Texas, e Salina, nel Kansas, mentre il primato d’altezza per alianti veleggiatori, con 12.832 metri, è stato raggiunto a Bishop, in California, sul versante orientale della Sierra.

La Francia e la Germania, però, sono i Paesi che hanno il maggior numero di appassionati di volo a vela. E la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, la Polonia, l’URSS e il Sud Africa detengono tutti qualche primato. Per riunire i migliori di questi sportivi, viene indetta ogni due anni una competizione internazionale. Nel 1956 si tenne in Francia, nel 1958 in Polonia. Quella di questo anno avverrà in Germania.

Praticato come si deve, il volo a vela non è pericoloso. L’aliante può sostenersi in aria alla modesta velocità di 65 chilometri l’ora. La Scuola Schweizer, a Elmira, nello Stato di New York, sotto l’occhio vigile dei suoi istruttori, non ha avuto il minimo infortunio in un periodo di 17 anni.

Gli appassionati del volo a vela dicono che questo è soltanto uno sport, ma in realtà, gli alianti hanno dato alcuni contributi alla scienza. Utilizzati per le ricerche meteorologiche, per esempio, sono stati fatti volare nei temporali con un corredo di strumenti per accertare le condizioni all’interno dei temporali stessi. Sono stati adoperati per studiare le correnti aeree scoperte talvolta sul versante di grosse catene di montagne al riparo dal vento.

Ma oggi, alla base della nostra nuvola, c’interessa soltanto la meraviglia e la gioia del volo. Ci allontaniamo dal cumulo e perdiamo quota. Siamo scesi a 900 metri. Qui incappiamo in un’altra termica e risaliamo fin sotto una gonfia nuvola bianca, di nuovo a 1500 metri. Se avessimo una meta precisa, in cerca di un primato di distanza, lasceremo la nostra nuvola e ce ne andremmo nella direzione voluta. Guadagneremmo alcuni chilometri e perderemmo quota, troveremmo un’altra corrente sostentatrice, guadagneremmo quota e poi planeremmo di nuovo. In tal modo si percorrono centinaia di chilometri.

Oggi, invece, ci contentiamo di goderci il cielo e il verde paesaggio ondulato sotto di noi, e ora è tempo di tornare giù. Un piccolo spazio erboso in un angolo dell’aeroporto diventa la nostra meta. Ci dirigiamo prima verso un rosso fienile, poi, quando gli siamo sopra, viriamo per tornare sul campo. Un recinto di filo spinato che delimita il campo ci viene incontro e ci sono due alberelli frondosi che devo evitare. Chiudo i diruttori; poi, superati gli ostacoli, li riapro. L’erba corre sotto a noi e strisciamo dolcemente sul terreno. Tiro il freno e ci fermiamo subito, a un paio di metri dal punto cui eravamo diretti.

Apro il tettuccio, ma non mi muovo per un bel pezzo. Non voglio ancora rompere l’incanto. Questo è il volo a vela.

Com. Robert N. Buck

Robert N. Buck, comandante d’aerei di linea transatlantici, ha pilotato velivoli a motore da quando aveva sedici anni, allorché stabili un primato juniores di velocità transcontinentale tra New York e Los Angeles in tutt’e due i sensi.

 

 

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