C’è qualcosa che accomuna tutte le generazioni dagli anni ’50 ad oggi: le Vespe, le Lambrette, le Ape e tutte quelle poltrone di ferro con miniruote, cambio al manubrio e la guidabilità di un triciclo. Eppure, odiate o amate, ci siamo passati tutti dal desiderarle, dall’averle, dal farci le impennate e dal distruggerle perché, in fondo, non erano mica moto e una vera dignità l’anno trovata solo negli ultimi 20 anni.
Eppure gli scooter con le marce hanno un grande merito: avere motorizzato l’Italia. Si, perché erano davvero poche le famiglie che, dopo la fine della guerra, potevano permettersi un’automobile ma una Lambretta, beh, quella si. E ci si stava sopra in più d’uno, compresi neonati e figli grandi, fino a disperate trasferte estive al mare, dove i genitori salutavano i figli in colonia dalla pensioncina a una stella.
La storia poi ha fatto il suo corso e gli scooter sono poi diventati il mezzo di evasione di adolescenti e giovinastri cittadini che su Vespe e Lambrette ci sono cresciuti, correndo a 90 all’ora sulla tangenziale di Milano o limonando davanti al Plastic. Diverso è per i ragazzi di provincia che potevano ridurre una Primavera fino a farla sembrare la figlia illegittima di una Sportster e una Moto Graziella, con quelle selle Giuliari biposto, i colori stinto pastello e le marmitte di un dragster.
Sapete una cosa? Chissenefrega di come uno colorava o truccava il suo scooter. Vespa e Lambretta sono parte della nostra storia, tutti ne abbiamo posseduta o guidata almeno una e saranno sempre nella lista dei desideri degli appassionati di due ruote. Le quotazioni in continua ascesa lo dimostrano.
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