Un profilo inedito di Giorgio Parodi, fondatore della casa di Mandello, nelle parole della figlia Marina.
– di Roberto Polleri, da un’idea di Daniele Pretolesi, originariamente pubblicato su Cose Guzzistiche –
L’incontro.
Ho incontrato Marina Parodi ed il marito Alberto Bagnasco nella loro casa di Genova. Ho pensato molto al momento del nostro incontro, ho letto molte pagine di storia Moto Guzzi per cercare di farmi un’idea più chiara possibile di chi fosse Giorgio Parodi e poter quindi approfondire di persona con la figlia Marina quanto difficilmente si può apprendere dai libri. Ho scritto e riscritto pagine di appunti e domande da porre, poi ho buttato tutto quanto ed ho pensato di lasciarmi guidare dall’istinto e chiacchierare con Marina con tranquillità sul filo della memoria e del ricordo. Avevo infatti pensato di approfondire la figura del fondatore di Moto Guzzi in quanto appassionato di moto, poi a poco a poco ho capito che mi interessava molto di più sapere di Giorgio Parodi come uomo e padre di famiglia, delineandone un ritratto di carattere e sentimenti che raramente si può leggere, sfruttando con garbo la voglia di ricordare ed il piacere di trasmettere emozioni vissute in compagnia di chi non c’è più.
Siamo allora partiti dalle origini, che vedono Giorgio nascere a Venezia sul finire dell’Ottocento. Già da ragazzo farà ben intravedere i tratti della sua personalità: scoppiato il primo conflitto mondiale, fugge da casa per servire la propria Patria arruolandosi volontario in Marina e portando con sé un motoscafo di famiglia, un natante costruito presso i cantieri “Baglietto” che vantavano maestri d’ascia liguri noti in tutto il mondo. All’epoca era consueto portare qualcosa di proprio per metterlo al servizio della Patria, così come chi partiva per la Cavalleria lo faceva in sella alla propria cavalcatura, il giovane Parodi, da uomo di mare quale era, arriva dotato di un’imbarcazione. Ancora minorenne, Giorgio non esitò a falsificare i propri documenti per poter accedere alle forze armate. Dopo una brillante carriera come capo meccanico, alla nascita della prima unità militare aerea italiana “Arma Azzurra” decide di arruolarvisi e dopo breve tempo diventerà sottotenente pilota. E’ nell’aviazione che il pilota ligure si distingue in innumerevoli episodi che mettono in luce il suo coraggio e la sua passione per la sfida e il rischio. Più volte abbattuto e ferito, per le azioni compiute nei due conflitti riceverà ben sette medaglie al valor militare. Sarà proprio durante la guerra che incontrerà un giovane meccanico motorista suo compagno di squadriglia, una persona dalle idee brillanti e dalla grande capacità tecnica: Carlo Guzzi. I due parleranno a lungo dei progetti di Guzzi per realizzare una nuova motocicletta, costruita con soluzioni tecniche innovative.
A Giorgio l’idea sembrò assolutamente buona e per questo telegrafò al padre per chiedergli un investimento economico. Emanuele Vittorio Parodi, da buon genovese, rispose in una lettera che fa bella mostra di sé al primo piano del museo di Mandello, dichiarandosi disponibile ad inviare metà del denaro richiesto e a completare l’investimento solo dopo aver valutato personalmente il progetto. Da quelle prime mille lire nacque la casa motociclistica italiana tra le più longeve e note nel mondo. Al progetto partecipò anche un altro pilota compagno dei due, Giovanni Ravelli, che però non avrà mai la possibilità di sentire il suono della prima moto di Mandello perchè morirà in un incidente aereo poco dopo la fine delle ostilità mondiali. Per desiderio di Giorgio, il simbolo delle moto costruite da loro avrebbe avuto sempre un’aquila d’oro ad ali spiegate, simbolo della passione per il volo che accomunava i tre amici.
Il primo prototipo uscito dalle mani di Guzzi si chiamerà “G.P.” prendendo le iniziali dei due “soci”, ma sarà poi Parodi stesso a chiedere di cambiare il nome in “Moto Guzzi” poiché riteneva l’amico Carlo l’ideatore principale dei veicoli.
La produzione delle moto avveniva a Mandello, dove ancora oggi sorge la storica sede, mentre gli uffici amministrativi e la direzione erano a Genova in Corso Aurelio Saffi ed erano collegati con la fabbrica grazie ad un ponte radio. Giorgio seguiva i propri affari nel capoluogo ligure e il giovedì partiva per il Lago di Como, andando in moto seguito dal suo autista in auto. Ogni volta utilizzava un modello diverso per poterne testare personalmente le caratteristiche e dare un giudizio personale ai progettisti e ai tecnici. Per poter meglio curare la parte amministrativa ed economica della ditta, Giorgio aveva affittato una casa a Lierna, nelle vicinanze di Mandello dove trascorreva con i figli le vacanze estive. Già all’epoca la gestione Parodi aveva avuto alcune idee lungimiranti sulla gestione del personale: in estate, ad esempio, veniva applicato il tempo prolungato con pausa pranzo più corta così da permettere alle persone di essere a casa in anticipo e poter trascorrere maggior tempo in famiglia. Il clima di lavoro era molto buono e i numerosi successi della Guzzi erano un vanto per chi poteva timbrare un cartellino nella grande fabbrica affacciata sul lago o negli uffici con la vista sul golfo di Genova. All’epoca della gestione Parodi, tra gli impiegati della ditta si scommetteva su che cosa e quando Giorgio e la moglie avrebbero litigato.
Nessuno di loro però, ebbe mai l’opportunità di vincere, il rapporto tra i coniugi era per entrambi uno dei punti di forza della loro vita. L’attaccamento verso i datori di lavoro era molto forte: questo si evidenziava osservando alcuni episodi del tutto esplicativi. Tra questi si può ricordare che un giorno, durante la guerra un amico di famiglia di Giorgio sarebbe stato arrestato ad un posto di blocco tedesco nei pressi di Mandello se due collaudatori Guzzi su un sidecar non lo avessero riconosciuto ed aiutato, scambiando i suoi vestiti con una tuta dei due e, una volta fattolo accomodare nel carrozzino, spacciandolo per un meccanico, mentre l’altro appiedato e in abiti civili passava la “zona rossa” dicendo di dover prendere servizio in fabbrica…
Ma com’era Giorgio Parodi come persona, qual è il ricordo della sua personalità, del suo modo di fare? Senz’altro era una persona che amava il rischio e la velocità, la cui vita era una sfida continua al limite, nel tentativo di porlo ogni volta un po’ più in là. Sono famosissimi i suoi record di velocità su idrovolante, così come tanti testi di aviazione italiana ricordano i suoi incidenti, dai quali usciva malconcio ma senza mai perdere la voglia di volare. Uno degli aneddoti che si raccontano su di lui narra che nell’azione di guerra in cui perse un occhio e oltre a ringraziare il medico che glielo aveva asportato dicendogli che aveva avuto la mano leggera, disse ai suoi compagni in genovese “Menu male che l’è capitou a mi che g’ho e palanche pe curame…” (meno male che è capitato a me che ho i soldi per curami). Un uomo ardito e sfrontato che, per contrasto era soprannominato “Lattuga”, come diceva lui – il più umile tra i vegetali che ricordava la terra e la sua essenzialità – riconoscendo in queste virtù la sostanza della quale era impregnata tutta la sua esistenza.
Giorgio era molto severo, a tratti intransigente, soprattutto con sé. Si circondava esclusivamente di persone capaci ed interessate, detestava i raccomandati e tutti coloro che alzavano la voce. I suoi valori di fondo erano la fede cattolica, la Patria alla quale aveva dato tanto e la famiglia. In questo senso, per non venire meno a ciò in cui credeva, aveva rifiutato un incarico da Mussolini perché in parte non ne condivideva le idee. Detestava inoltre una persona che aveva pubblicamente un’amante, fatto che pregiudicava ogni relazione e Giorgio non esitò certo dirglielo in faccia…
La famiglia Parodi era notissima nell’ambiente genovese ed aveva importanti frequentazioni. Marina ricorda che il Cardinal Siri, quando voleva andare a cena a casa Parodi faceva chiamare dal suo segretario direttamente la cuoca per dettarle il menu che avrebbe gradito per la sera… Marina ricorda il notissimo scultore Messina, autore della statua bronzea di Omobono Tenni che tutti noi ammiriamo al primo piano del museo Guzzi di Mandello, al quale lei si rivolgeva chiamandolo affettuosamente “zio Checco”.
Con i figli Giorgio era estremamente rigido sulle norme ma anche molto affettuoso verso di loro. Assieme ai tre, compiva azioni spericolate come era nella sua essenza, ad esempio uscire in motoscafo con il mare grosso firmando una manleva presso la Capitaneria di Porto di Genova che la liberava da ogni responsabilità. Saltando tra i flutti e le ondate violente i tre piccoli si divertivano un mondo. Marina ricorda con affetto i giorni di Lierna, dove lei ed i fratelli avevano imparato a nuotare perché il padre li aveva letteralmente gettati nel lago, avendo come unica cura quella di riservare alla figlia femmina un minimo in più di attenzione calandola nell’acqua invece di gettarla… “I Parodi non piangono ed i Parodi non hanno mai paura”, questo era il motto che ripeteva spesso ai pargoli. Ed è certo che per lui questo viatico si attagliasse decisamente bene… Nonostante la sua rigidità educativa, la sera Giorgio si intratteneva con i tre figli leggendo loro le storie di Pecos Bill e Topolino facendo differenti voci per ciascun personaggio.
La famiglia Parodi era senz’altro benestante nel variegato panorama genovese eppure, nonostante gli agi nei quali poteva vivere, Giorgio insegnava ai suoi tre piccoli la generosità, la disponibilità ed il grande senso del dovere. Queste parole saranno poi il cardine del suo testamento, dove nell’augurare felicità e prosperità ai suoi figli, non perde l’occasione per richiamarli ai loro doveri verso la Patria ed in generale verso il Prossimo, magari meno fortunato di loro. In questo senso, già da piccoli il Capitano faceva in modo che i regali di Natale a loro donati fossero immediatamente donati ai bimbi ospitati nei vari orfanotrofi cittadini. Qui Marina ricorda la lunga notte prima di Santo Stefano nella quale aveva dormito abbracciata ad uno splendido cavallino di peluche, che già sapeva essere destinato ad altri nel giro di poco tempo. La dedizione verso gli altri e, in primo luogo, verso il proprio Paese, avevano portato l’imprenditore genovese ad avere una “coscienza verde” ante-literam, infatti fece piantare a proprie spese alberi lungo la “camionale” Milano – Genova (l’attuale A7) perchè i lavori avevano impoverito il terreno di copertura arborea. La necessità di curare queste piante, fece sì che Giorgio coinvolgesse anche i figli. Marina ricorda ancora quando con i fratelli andava a togliere la processionaria, micidiale per gli alberi giovani ma anche urticante per le dita dei piccoli.
Genio e sregolatezza convivevano tranquillamente nel carattere del pilota “Lattuga”. Il grande impegno morale e la passione per il rischio rendono la figura di Giorgio Parodi cara a molti Guzzisti, a molti aviatori e non solo a loro. Dalla passione di quest’uomo e dalla genialità di Carlo Guzzi sono nate queste moto che, a distanza di quasi un secolo, continuano a far sognare motociclisti di tutto il mondo. Non so se Giorgio avesse previsto tutto questo ma non credo. C’è da dire che è un gran bel risultato, speriamo che la storia della Guzzi possa continuare ancora per molto…
Ringraziamenti
Alle persone che hanno reso possibile questa intervista vanno i miei più sinceri ringraziamenti: alla signora Marina Parodi ed al marito ing. Alberto Bagnasco per la disponibilità, la cortesia ed il moltissimo materiale fornito; a Mario G. Pezzana per la preziosissima collaborazione e disponibilità; a Daniele Pretolesi per l’idea, Andrea Natale per il fondamentale suggerimento e a Michele Romano per la collaborazione.
Bibliografia su Giorgio Parodi
Franco Pagliano “Aviatori Italiani”, Longanesi
Umberto V. Cavassa “Ombre amiche”, Di Stefano Editore
Federico Mario Boero “Passato prossimo e remoto”, Dufour
Pietro Operti “Lettere aperte”, Volpe
Massimo Zamorani “Volagenova Carina Negrone Cento anni di volo”, De Ferrari editore
Gli Autori
Roberto Polleri, compagno di viaggio di Daniele, possessore di Moto Guzzi e con la passione per la scrittura. Collabora regolarmente con vari siti internet quali www.coseguzzistiche.it, www.guzzistiliguri.it, www.moto-guzzi.it. Alcuni suoi scritti sono apparsi su “Mototurismo”, nel 2004 ha pubblicato per “Montedit” il libro “Racconti bicilindrici – storie di visi, luoghi e Moto Guzzi”.
Daniele Pretolesi, ideatore dell’intervista, è un appassionato Guzzista genovese, da sempre attento a ritrovare notizie ed aneddoti relativi alla marca di motocicli che ama.
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