Il Triumphista: due ruote, due armadi, troppi sogni

di Simone Bontempi – IG @mone_triumph

Chi è il Triumphista? Un mistero ambulante, un uomo in bilico fra il doppio petto e il chiodo, un moderno dottor Jekyll che nelle notti feriali si trasforma da dapper business man a selvaggio su due ruote. Di giorno, impeccabile: scarpe lucide, completi sartoriali, un aspetto che fa credere alla città intera che i motori rombanti siano l’ultima cosa nei suoi pensieri. Ma basta un battito d’ali – o meglio, un ticchettio di orologio che indica l’inizio del weekend – ed eccolo lì, sotto una giacca di pelle stropicciata e un casco vintage degno del 59 Club degli esordi. Stesso uomo, due armadi diversi. E nessuno sa con certezza quale dei due stia indossando per davvero.

Lui è l’uomo per cui il termine “moto” significa carattere, vibrazioni che scuotono le pareti e svegliano interi condomini. Nessuno dei suoi amati ferri vecchi si sogna di pettinare dolcemente l’asfalto; questi gioielli britannici ruggiscono. È convinto che una moto debba avere presenza, un sound che non puoi ignorare e sì, disprezza un po’ chi viaggia sui “cavalli sicuri”, magari giapponesi, che paragona a una stampella motorizzata. Se una moto non ha il fascino giusto, la porti a passeggio solo per sopravvivere al traffico, mentre «Una Triumph va sfoggiata come una poesia meccanica», spiega ai suoi amici motociclisti (e pazienza se a volte non capiscono la poesia).

Il Triumphista fa capolino ai raduni di motociclisti, ma è come un lupo che si mescola fra i cani. Sì, si mette in gilet di pelle ma mantiene quella distanza ironica di chi, in fondo, non si sente mai del tutto parte della scena. Studia la fauna biker come un biologo osserva le gazzelle: c’è chi giura fedeltà ai chopper, chi si esalta per le cafe racer, chi vede la moto come un mezzo per battere il record chilometrico. Lui, invece, colleziona dettagli: l’eleganza del retrò, l’energia del moderno, restando fedele a uno stile inclassificabile.

Il suo pellegrinaggio preferito? La Costa Azzurra, per carità. Sa ogni curva, ogni vista mozzafiato, ogni bettola nascosta dove fermarsi a osservare il mare con l’aria di chi, col sole sul volto e la brezza marina addosso, si è lasciato alle spalle la grigia monotonia. Guidare lungo quei tornanti è per lui un rito sacro, e guai a dirgli che quelle strade sono affollate: «Lasciatele alle Audi e ai pullman», ti risponderà, «io ci volo».

E il bello è che il Triumphista non è solo un motociclista; è un dandy che ondeggia tra il mondo dell’arte e della strada. Un giorno lo trovi in galleria a osservare un quadro di Rothko, il giorno dopo su una terrazza vista mare, bicchiere di vino alla mano e la Triumph accanto, come se il tutto fosse una scena perfetta da film noir. Conosce ogni barretto da quattro soldi, ogni scorciatoia, ogni strada che vale la pena percorrere almeno una volta nella vita. È una miniera di racconti, un’enciclopedia di curve e percorsi, con una battuta pronta per ogni tappa della vita – su due ruote o meno.

In fondo, il Triumphista è un incrocio tra eleganza ribelle e spirito d’avventura. Niente moda o convenzioni: il suo stile è un caos organizzato, fatto di emozioni e asfalto. La sua moto non è solo un pezzo di ferro ma la chiave per un mondo dove lui è al centro, un esploratore su strada, un amante della libertà come pochi sanno esserlo. È quell’uomo che ha riscritto le regole delle due ruote a modo suo, mescolando mondi opposti con la stessa disinvoltura con cui cambia giacca. Perché quando ti avvicini abbastanza, scopri che il Triumphista non guida solo per il viaggio: guida per inseguire qualcosa di più grande di lui – magari uno stile, magari un’idea, o forse solo quel sottile brivido che ci fa sentire, per un attimo, incredibilmente vivi.

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