AIM: marchio italiano da veri intenditori. Quella a sinistra ha il radiatore nel manubrio
Nella botte piccola c’è il vino buono, come qualcuno ci avrà qualche volta ricordato. Federico Fregnan lo sa bene, visto che le botti grandi non le ha mai volute ma ha pensato bene di tenersi tutte le minuscole che ha incontrato nella sua vita. E di cercarne sempre di più rare e di più belle.
So che alcuni tra voi si staranno chiedendo se questo sia un sito di moto vintage o di vino (d’annata anch’esso, ovviamente) o, semplicemente, se abbiamo preso una botta in testa. Niente di tutto ciò: a Federico, le piccole – nel senso di cilindrate – piacciono davvero, tanto da averne accumulate più di cinquanta, alcune molto rare e prestigiose, in una collezione privata visitabile su appuntamento. Si tratta di moto da regolarità, o enduro a seconda dell’età di chi legge, tra i 50 e gli 125 centimetri cubici, rigorosamente a due tempi: le piccole belve spacca-ossa che chi è cresciuto tra gli anni ’70 e ’90 non può non aver domato almeno una volta in vita sua, quelle che, “quando si apre la valvola”, ti sembra di tornare indietro nel tempo.
Federico, imprenditore trevigiano nel settore delle macchine del caffè, oltre a numerosi titoli iridati vinti proprio su alcuni dei ronzini in questione, è stato anche il proprietario di Fantic Motor, gloriosa casa motociclistica italiana che ha mantenuto in vita tra il 2003 e il 2014, un periodo molto difficile per il comparto. Attualmente produce gli storici stivali RG da enduro, dei capolavori d’artigianato dall’aspetto vintage e dalle performance contemporanee, che – come ci tiene a precisare – “vende solo ai fighi” e non su larga scala su internet e nei negozi.
Federico, come è nata la tua passione per le due ruote e in particolare per le piccole cilindrate da regolarità?
È una di quelle malattie di famiglia impossibili da debellare, in particolare per quei figli maschi cresciuti negli anni ’70 e ’80. Mio padre correva su strada ed era concessionario Parilla e Gilera a Feltre. Io ho seguito le orme di mio fratello, di tre anni più grande, cominciando con un Fantic 50 Regolarità Casa. Da lì tante moto si sono susseguite, per le competizioni o per il piacere personale e, negli ultimi anni, soprattutto per una ragione culturale e collezionistica.
Quali sono le moto che da sempre hai desiderato e che, dopo tanti anni, hanno arricchito la tua collezione?
I miei due sogni sono sempre stati la Sachs 50 e la Zundapp 50. La Sachs perché da ragazzino, alla fine degli anni ’70, dopo ottimi risultati nel campionato triveneto e italiano, mi era stata promessa dalla casa una versione “Competizione”. Una volta arrivato alla Sachs Italia, la moto era lì ma, purtroppo, non più disponibile a causa di alcune modifiche alla testa del cilindro che l’avevano resa inaffidabile. Tornato a casa, comprai un Fantic 50 Competizione e vinsi il campionato triveneto ma la Sachs blu, bellissima, mi rimase sempre nel cuore. Per averla dovetti corteggiare per anni un preparatore ufficiale Sachs, Gaiardoni di Brescia, che alla fine cedette dopo che gli promisi di tenerla sempre perfetta e insieme ad altre moto di “pari lignaggio”.
E la Zundapp?
Alla Sei Giorni Revival di Camerino conobbi Titta Tarditti, pilota Zundapp tra i più forti. Non diventammo amici subito: lo trovai in panne lungo il percorso e rifiutai di dargli la falsa maglia che tenevo in tasca nel caso in cui avessi rotto la catena. Il tempo, però, cancella gli asti della competizione e parecchio più tardi, conoscendo la mia passione per le Zundapp, mi rivelò che un pilota ufficiale, Klaus-Bernd Kreutz, aveva una Competizione. Cominciai la mia opera di convincimento e alla fine la comprai. L’altra che vedi vicino è di un altro collezionista tedesco, grande estimatore del marchio che, andando in pensione, decise di venderla a me dopo che in un viaggio in Italia, tanti anni prima, gli avevo regalato una macchina del caffè e lui mi aveva lasciato la moto per alcuni mesi. Volle venderla solo a me e io non potei fare a meno di accettare: sono oggetti a cui è difficile attribuire un valore dato che ogni pezzo è realizzato a mano specificamente per quella determinata moto.
Ma non sei ancora del tutto soddisfatto. Giusto?
Purtroppo no! Un altro paio però, poi vorrei fermarmi. C’è una Zundapp meravigliosa che precede di qualche anno le mie e su cui ho messo gli occhi, e un altra Sachs 50 di un caro amico che credo di avere quasi conquistato grazie ai miei serrati corteggiamenti.
Insomma, le due piccole tedesche, insieme all’italianissima Fantic, restano le preferite di Federico che però amplia la sua collezione ad una serie di altre moto campioni d’Europa e del mondo, altre realizzate in una sola unità e marchi ormai spariti perché nati, vissuti e morti sulla passione di imprenditori e tecnici visionari. Nella photo gallery qua sotto ritroviamo infatti Kawasaki, Gas Gas, KTM, SWM, AIM, Gori…
Ora queste cilindrate, in abbinamento al motore due tempi, sono pressoché sparite ma le soluzioni tecniche dell’epoca restano in alcuni casi davvero straordinarie. Senza contare il divertimento che solo quei ronzini così scorbutici e nervosi sapevano regalare: trattenere il respiro e procurarsi il fiatone, ribaltarsi all’indietro sulle cunette, accumulare ematomi e escoriazioni per poi finire a ridere come pazzi seduti sul prato o sui tronchi dei tagliaboschi. Antiche sensazioni delle quali, purtroppo, i quattordicenni del 2018 difficilmente comprenderanno la gioia e il significato.
Pier Francesco Verlato
Photo credits: Rust and Glory
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