26 ottobre 1966. North Beach, San Francisco. Una sera qualunque? Neanche per sogno. Joan Baez intona versi poetici, i Grateful Dead celebrano la bellezza imperfetta delle loro sonorità, gli Hells Angels, fully patched, sorvegliano la porta, e tutto questo per… un negozio? Già, un negozio. Benvenuti all’apertura di The North Face, il primo rifugio urbano per chi sogna cime innevate e vertigini d’alta quota.
Se ti fossi trovato lì, forse avresti pensato di aver sbagliato porta: un miscuglio di beatnik barbuti, marinai curiosi e boho-chic col Martini in mano. Dentro, uno spazio di appena 90 metri quadri stipato di corde da arrampicata, zaini e stivali da trekking. La cover dell’ultimo anno di Bob Dylan, Blonde on Blonde, ruba spazio in vetrina. Fuori, il caos: il Condor Club — resident artist la leggendaria stripper Carol Doda — sbuffa il suo fumo peccaminoso dalla porta accanto.
Ma questa non è solo una serata stramba. È il battesimo selvaggio di un’idea, una provocazione al mondo mainstream. A organizzarlo, Doug Tompkins, 23 anni con un record di avventure in natura degno di far impallidire John Muir. Un arrampicatore, un sognatore, uno che non si ferma davanti a nulla. L’idea? Vendere attrezzature per chi desidera una vita sul filo del rasoio, senza inutili fronzoli. E per lanciarla, serve una festa degna di un’epoca fuori di testa.
Garage rock, montagne lontane e lezioni di stile
I Grateful Dead e Jerry Garcia guidano la carovana psichedelica davanti a un fondale di montagne che sembra rubato da una cartolina sbiadita. Joan Baez fa da guida spirituale tra la folla, mentre sua sorella Mimi indossa tute da sci a scopo pubblicitario con la stessa nonchalance di una supermodel. Gli Hells Angels presidiano l’ingresso: se vuoi entrare, devi meritartelo.
“Una follia,” scriverà l’indomani il San Francisco Examiner. “Individui impeccabilmente vestiti accanto a beatnik sudati con sandali e barba da profeta.” C’è chi sorseggiava birra da lattine accartocciate, chi fuma erba, chi si limita a fissare l’orrore e la bellezza del tutto. Questo è il ’66, baby.
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Un dito medio al mainstream
“È stata una dichiarazione di guerra all’edonismo degli anni ’60” disse anni dopo Kenneth “Hap” Klopp, l’uomo che aveva preso le redini dell’azienda nel 1968. “Un pugno nell’occhio al mainstream. I Grateful Dead e gli Hells Angels? Niente di più iconoclasta.” Non si trattava solo di vendere stivali o tende. Si trattava di creare un movimento, una filosofia.
Tompkins e sua moglie Susie avevano cominciato con un’idea semplice: vendere attrezzature utili, pratiche, e mandare al diavolo i gadget inutili. Nel loro primo catalogo, Doug aveva scritto: “Non troverete sciocchezze da noi.” Il negozio stesso era un’ode alla montagna: tappeti verdi, legno di fienile, vecchie attrezzature da scalata esposte come reliquie di un culto misterioso. E sopra la porta, un’insegna che diceva tutto e… niente: “Specialisti in alpinismo.”
L’eredità di un caos controllato
Decenni dopo, le foto di quella serata riemergeranno, immortalando quel momento stravagante. “Vedere quelle immagini è stato come scoprire che i Nirvana avevano suonato nel garage di tuo zio,” dirà Conrad Anker, una leggenda dell’alpinismo legata al marchio.
The North Face non aveva bisogno di LSD per il suo test psichedelico. Aveva già l’energia, la follia, e la sfida. Era il 1966. Era North Beach. E chiunque fosse stato lì lo sapeva: qualcosa di grande era appena nato.
Pier Francesco Verlato
Images courtesy of Suki Hill
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