Patagonia è il mio personale, stimatissimo professore di marketing, ancora di più dopo quest’iniziativa.
Da pochi giorni sugli iconici stand-up shorts appare l’etichetta “vote the assholes out”. Gli assholes, gli stronzi in questione, sono i politici negazionisti del cambiamento climatico. “Fateli fuori alle prossime elezioni” chiede Patagonia che di recente ha portato in giudizio l’amministrazione Trump per una questione legata alla possibile riduzione della superficie di alcuni parchi naturali nello Utah.
Una scelta coraggiosa quella di offendere pubblicamente le più alte cariche del Governo Federale ché, anche se non si fanno nomi, il riferimento è chiaro. Una scelta autentica che rispecchia lo spirito punk dell’azienda e di buona parte dei suoi estimatori (d’altra parte se uno è uno stronzo, non ha senso definirlo in altra maniera). Eppure, una scelta con un ritorno in termini di rafforzamento del brand senza paragoni. Basti pensare che ogni etichetta costerà pochi centesimi di dollaro, o più facilmente millesimi.
L’iniziativa non è un colpo di testa. Se qualunque altro produttore avesse osato una simile mossa, questa sarebbe risultata un forte azzardo o, più facilmente, del tutto fuori luogo. Patagonia lavora da anni sul proprio posizionamento di azienda vicino alle questioni ambientali e, senza annoiare nessuno su tutte le iniziative che costantemente intraprende, mi limito a riportare la mission dell’azienda:
“Siamo in affari per salvare il nostro pianeta”.
Quando i valori di un’azienda sono chiari, il posizionamento è presto individuato. A quel punto, dalle strategie alle singole iniziative, tutto assume un senso e i risultati in termini di business seguono. Troppe volte, quando chiedo la mission di un’azienda ai suoi manager, la risposta è gremita di eeehmm, uuuhhhh, oppure… “vendere di più” (??!!!??).
Volendo riassumere:
Per quanto mi riguarda, un’altra lezione appresa da Patagonia.
Pier Francesco Verlato